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Le associazioni antiracket in Campania

1. brevi cenni – la nascita delle associazioni antiracket in campania

– le associazioni a napoli –

<< i risultati nella lotta alla camorra non si possono giudicare nei tempi brevi, serve impostare una strategia di lungo periodo. bisogna aver chiaro che strumento decisivo e insostituibile sono le coscienze individuali. l’esperienza antiracket è emblematica: il racket può essere sconfitto se la vittima, assumendosi una personale responsabilità, denuncia e collabora con le istituzioni; qualunque legge senza questo atto di coraggio servirebbe a poco. che serve, allora? guardarsi negli occhi per costruire relazioni di fiducia. a questo percorso non ci sono alternative>>

la decisione di denunciare passa pertanto tassativamente attraverso la possibilità per la vittima di racket o di usura di trovare nelle associazioni antiracket interlocutori capaci di ascoltare ed agire in maniera credibile e competente al contempo in grado di fungere da raccordo tra l’operatore economico ed il mondo istituzionale, autorità giudiziaria procedente e uffici territoriali del governo interessati a qualsiasi titolo della vicenda estorsiva o usuraia.
In tal senso si capisce come di fondamentale rilevanza per l’imprenditore o il commerciante che si appresta a denunciare, sia la vicinanza di persone che già abbiano percorso il suo stesso cammino.
la costituzione della prima associazione antiracket in sicilia agli inizi degli anni novanta ha dato l’esempio affinché anche a napoli, consenziente una amministrazione comunale sensibile a tali problematiche, si sia operato, a far data dal 2001 a che liberi imprenditori ed operatori commerciali trovassero il giusto stimolo a denunciare il racket delle estorsioni.
Sulla scorta di questi semplici principi napoli e la campania, sono oggi diventate simboli della lotta alla criminalità organizzata nella forma più odiosa e temuta del racket delle estorsioni. attraverso questa particolare ed odiosissima forma di violenza personale, il sodale mafioso si radica sul territorio assorbendone la linfa economica vitale. ciò crea immense sacche di povertà in cui, come in circuito vizioso, la criminalità organizzata stessa attinge al contempo manodopera da utilizzare per potenziare la propria organizzazione.
Non ci sono altre strade, l’unica via possibile è quella della denuncia, unica via percorribile è quella di creare, con ogni mezzo necessario, il terreno più favorevole a far si che l’imprenditore non sia più solo e trovi così il coraggio di opporsi al giogo del crimine organizzato.
Ad oggi napoli e la sua provincia hanno assistito al proliferare di ben otto associazioni antiracket costituite da operatori economici che hanno così deciso di dire basta al giogo della camorra. sono così nate grazie all’impegno di giovani volontari ed al lavoro incessante compiuto dai dirigenti di S.O.S. Impresa – Confesercenti e della Rete per la Legalità oramai assurte a simbolo dell’antiracket sul territorio di concerto con l’intero mondo dell’associazionismo antiracket.
Dalla nascita della prima associazione a pianura, molte sono ad oggi le associazioni fiorite sul territorio partenopeo, costituite da imprenditori, ma anche da professionisti che hanno deciso di porre le loro competenze al servizio della legalità e del sostegno alle vittime della criminalità organizzata: Rete legale Etica ne è un esempio.

Rete per la Legalità Campania e Nazionale, opera al fine di contribuire al proliferare di nuove associazioni di quartiere cui fornire il know how e l’esperienza maturata al fine di ottimizzare le energie disponibili

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Associazioni antiracket e sub-culture criminogene

Attività delle Associazioni antiracket e contrasto ad una sub-cultura criminonega – rapporti con l’associazione di tipo mafioso

Art. 416 bis c.p.: “…l’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per se o per altri … se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo (in una determinata area territoriale) sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto dei delitti … nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono, o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto,il profitto o che ne costituiscono l’impiego …”

L’imprenditore commerciale rappresenta spesso l’occhio sulla strada, in considerazione dello stretto contatto con la gente e con i luoghi in cui esercita la propria attività, a prescindere dalla tipologia. Pagare il pizzo, non denunciare gli estorsori, da così potere alla mafia, la legittima pagando una tassa, in una porzione di territorio dove lo stato sembra più debole. Ma lo Stato può poco senza la collaborazione di chi su quel territorio vive e lavora.
Il controllo acquisito sul territorio ad opera del Clan crea così le condizioni a che l’organizzazione criminale incontrastata viva ed operi nello stesso. Il sodale mafioso più o meno articolato tine le fila dei traffici illeciti ( ad esempio le sostanze stupefacenti) e solo nelle fasi patologiche della propria esistenza addiviene a scontri armati con clan rivali nella propria area di operatività. Tutto è finalizzato ad accumulare immense quantità di capitali, spesso in contanti, con cui contestualmente agire sul territorio di riferimento e fuori viziandone irrimediabilmente il circuito economico sano.
La Mafia è un cancro, e la prima cellula cancerogena si forma proprio attraverso la tacita acquiescenza dell’operatore economico che, forse sotto minaccia altre volte perché protetto accetta di pagare, in tal modo riconoscendo e legittimando il potere del clan sul territorio di riferimento.
L’incessante attività di intelligence e di contrasto armato all’operatività dei Clan non può prescindere da una contestuale e capillare attività di prevenzione attraverso una attenta formazione culturale della coscienza civile. La Mafia è un fenomeno prima di tutto culturale, senza colori politici, che vive di tutto ciò che può creare accumulo di capitali leciti o illeciti. La forza del singolo imprenditore deve pertanto essere ricompresa sotto l’unico vessillo dei movimenti antiracket ed il consumatore indirizzato attraverso un Consumo Critico del proprio denaro. L’imprenditore, non più solo forte dell’appoggio della società civile e dello Stato è così in condizione di affrontare l’arduo cammino teso alla denuncia del reato subito.
Questa è la costante attività posta in essere da associazioni antiracket come S.O.S. IMPRESA, RETE LEGALE ETICA, RETE PER LA LEGALITA’ e molte altre a Napoli e nelle regioni maggiormente a rischio. Attività tese ad informare la vittima del reato della titolarità in capo alla stessa di diritti e non solo di obblighi verso i clan. Attività di prevenzione, informazione, impulso alla denuncia ed assistenza alle vittime di simili episodi delittuosi, finalizzate al ripristino della legalità nella più piena tutela del libero esercizio dell’attività economica.
L’interesse alla costituzione di parte civile è espresso attraverso criteri di collegamento quali l’ambito territoriale di operatività della associazione, in contrapposizione sempre più netta con la contestuale operatività del clan. Questo il primo compito dell’associazione antiracket: stimolare ed incentivare la costituzione, sul territorio regionale e nazionale, di un sempre maggior numero di associazioni di quartiere. L’associazionismo crea associazionismo a tutela della libertà di impresa ed è espressione del rifiuto del fenomeno mafioso da parte della società civile. Lo Stato ha il compito di garantirne la sicurezza.
La crescente presenza e visibilità del movimento antiracket sul territorio è inevitabilmente destinata a destare in maniera sempre più pressante l’interesse del sodale camorristico, che si vede man mano sottratto attraverso il crescente numero di denunce di episodi intimidatori ed estorsivi, il controllo su intere fette di territorio con conseguenti arresti e condanne.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Il danno dell’associazione antiracket

Il danno lamentato dall’associazione antiracket

“Il commerciante che paga sovraespone chi ha il coraggio della denuncia e danneggia l’intero circuito economico dato che sono, ormai, in tanti a non pagare”… “In molte parti di Italia c’è un associazionismo forte che garantisce, insieme alle forze dell’ordine, la sicurezza delle vittime. Ed ancora ..”in reati come l’estorsione, l’acquiescenza ha conseguenze negative per tutti. Insomma, l’indifferenza non è più un fatto privato …”

Questo il Giudizio più volte espresso dagli organi direttivi delle associazioni antiracket maggiormente rappresentative a livello nazionale, in riferimento alla lotta ed al contrasto al racket delle estorsioni e dell’usura. In tal senso l’associazione antiracket lamenta un danno derivante dalla lesione di un diritto soggettivo proprio del sodalizio stesso e non di un mero interesse legittimo, che attraverso la commissione di simili delitti trova la sua ragion d’essere nella frustrazione e conseguente lesione dell’interesse dei sodali ad un libero esercizio dell’attività di impresa, in qualunque forma esercitata.
S.O.S. Impresa – Rete Legale Etica svolge quotidianamente specifiche attività ed iniziative a diretto contatto con il territorio, si da essere primo referente per vittime dei reati quali usura ed estorsione garantendo, di concerto con le forze dell’ordine, la conoscenza da parte della vittima della possibilità e necessità di reagire – con ogni mezzo necessario – ai soprusi posti in essere da individui forti unicamente della loro appartenenza a sodali camorristici.
E’ facilmente individuabile in tal senso il danno diretto patito dalla associazione. Il compimento ai danni di un operatore economico, parte della rete di protezione delle associazioni, di reati aggravati dall’agevolazione alla camorra, minano grandemente gli sforzi posti in essere localmente per spronare le vittime alla denuncia. Diretta è la lesione di un diritto soggettivo proprio dell’ente.
La esistenza di sodali camorristici compiutamente organizzati, le cui attività si esplicano in maniera capillare, se non chirurgica, sull’intero territorio, nonché l’avvalersi degli associati di tale appartenenza nel porre in essere atti estorsivi rappresentano il primo ostacolo da superare per associazioni che lottano in nome della libertà di impresa.
Quale stimolo ad associarsi per chi è sul punto di iniziare il proprio percorso di resistenza attiva? Quali garanzie è in grado di offrire l’associazionismo antiracket all’imprenditore che prende atto della esistenza di un intero sodalizio mafioso dedito al compimento di simili reati nel tessuto economico in cui esercita la propria attività di impresa? A seguito del compimento dell’ennesimo episodio estorsivo diventa oltremodo arduo per l’associazione stessa spingere altri operatori economici verso quel cammino di denuncia, che solo, può garantire il libero esercizio del commercio.
L’imprenditore che fino ad oggi aveva iniziato a seguire ed a trovare la forza di reagire attraverso l’associazionismo antiracket, avuta conoscenza del compimento dell’ennesimo atto estorsivo, ai danni di un commerciante della sua zona tende a rientrare nei parametri normali ed a chiudersi in se stesso sottostando al racket e/o all’usura.
In questo senso l’associazione antiracket lamenta pertanto la lesione di un proprio diritto soggettivo con conseguente danno diretto in riferimento ad ogni episodio estorsivo compiuto da appartenenti ad associazioni camorristiche operanti nel territorio di riferimento dell’associazione.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Il diritto alla costituzione di parte civile

Il Movimento Antiracket è costituito da associazioni senza fine di lucro costituite da imprenditori determinati a non addivenire a patti con la criminalità organizzata. A livello statutario spiccano tra le principali finalità delle singole associazioni quella di contribuire alla costituzione di nuove associazioni nel rispetto di una cultura ispirata ai valori della legalità e del libero esercizio del commercio sul territorio di riferimento. Attraverso specifiche iniziative atte ad informare e sensibilizzare sul ruolo che assumono le associazioni rispetto alle vittime del racket ed alle modalità in cui reagire e resistere a tale status.
Le attività di formazione ed impulso alla denuncia insieme alla attività di assistenza alle vittime e i risultati raggiunti, vengono annoverate in una sorta di Curriculum Vitae associativo a riprova della reale operatività sul territorio di riferimento dell’associazione. La sua allegazione in sede di costituzione in giudizio, fornisce al Giudice la misura del danno prodotto con conseguente legittimazione al risarcimento del danno prodotto.
Difatti prestare assistenza e solidarietà alle vittime del racket e dell’usura attraverso la costituzione di parte civile al loro fianco, seppur tra le finalità dell’associazione, ne rappresenta comunque una fase patologica della vita. Ciò comporta il dispendio di mezzi ed energie associative – al fine di tutelare la propria posizione in sede processuale – di qui le conseguenti richieste di risarcimento danno patrimoniale (cfr. Sentenza n° 1638/08 del 26/06/08 – Tribunale di Napoli XXXII Uff. G.U.P.) e non patrimoniale.
Se questi sono i presupposti l’associazione aspira infatti a garantire agli imprenditori e/o comunque alle vittime di reati quali l’usura e l’estorsione, il libero esercizio della propria attività di impresa scevra da qualsivoglia condizionamento criminale, favorendo in tal modo il naturale sviluppo delle attività produttive a tal fine impegnando contestualmente risorse umane e economiche.
L’imprenditore viene preliminarmente formato ed informato sulla necessità e sulle modalità con cui poter reagire e denunciare. Solo in seconda istanza, quando lo stesso assume la veste di persona offesa/vittima di reato, viene assistito e coadiuvato nella fase procedimentale dalla associazione che al suo fianco si costituirà parte civile.
La scelta relativa alla costituzione nel processo dell’associazione di quartiere e/o di quelle maggiormente rappresentative a livello provinciale o nazionale, dipende dall’ambito territoriale in cui il reato è stato commesso. In tal senso, qualora nel quartiere, nel rione o nel paese, non siano ancora state costituite associazioni di imprenditori, il Coordinamento Napoletano delle Associazioni Antiracket di concerto con la FAI, tende a porre in essere tutte le iniziative finalizzate alla nascita ed operatività di nuove Associazione Antiracket.
Questo elementare sistema aggregativo è teso a riunire sotto il vessillo dell’antiracket imprenditori e commercianti di quartiere, formati ed informati sul fatto che una alternativa al mettersi a posto con il clan esiste. Nasce così in capo all’associazione, soggetto a se stante dagli imprenditori da cui è composta, il conseguente diritto al suo risarcimento del danno causato dal compimento dell’atto estorsivo nel territorio di riferimento ed in contrapposizione al Clan egemone, sempre più infastidito dalla esistenza del movimento. Questo sistema operativo ed associativo teso ad una continua gemmazione di associazioni da associazioni, tende allora a costituire la risposta della società civile allo strapotere della mafia e della camorra.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

La questione in diritto

E’ senz’altro pacifico che il danneggiato, cui ai sensi degli artt. 185 e 74 c.p.p. spetta il risarcimento e non necessariamente coincidente con la vittima del reato in senso stretto, è chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all’azione o all’omissione del soggetto attivo del reato (cfr Cass. Pen. Sez. VI, n°10126 del 1997, rv.208820).

In tale ottica gli enti e le associazioni sono legittimati all’azione risarcitoria, anche in sede penale, attraverso la costituzione di parte civile, qualora abbiano riportato dal reato un danno ad un proprio interesse, coincidente con un diritto reale o comunque un diritto soggettivo del sodalizio. Pertanto qualora tale interesse subisca un pregiudizio eziologicamente ricollegabile all’azione od omissione del reo anche il sodalizio patisce un’offesa potendo lamentare un danno non patrimoniale da reato (Cass. VI, n5971990 r.v. 182947).
Il collegamento diretto tra il reato e la lesione del diritto soggettivo vantato è facilmente individuabile nella perdita di terreno nella lotta al racket delle estorsioni subito dalla compagine associativa. Difatti l’attività di informazione e formazione, tesa a far comprendere al singolo imprenditore la necessità di dover sempre denunciare alla competente Autorità tali episodi, in tal modo rompendo il muro di omertà su cui tale attività si fonda, è di fatto seriamente compromessa dal compimento di simili episodi estorsivi. Arduo sarà tornare a “sensibilizzare” chi è costantemente vittima di simili angherie.
La lesione dell’interesse proprio della persona offesa in senso stretto, prodotto da fenomeni quali il racket delle estorsioni ed i reati “satellite” che da questo traggono origine, coincide con quello fatto proprio dal sodalizio, da questo preso a cuore ed assunto nello statuto quale ragione della propria esistenza nonché diritto assoluto ed essenziale dell’associazione stessa. Emergono, pertanto evidenti, i tratti che delineano il diritto soggettivo in capo alla Associazione Antiracket territorialmente competente alla costituzione di parte civile.
E’ la compromissione delle possibilità di attuazione dello scopo sociale, il registrare da parte dei membri dell’associazione stessa una perdita di terreno nella lotta in essere tesa alla prevenzione ed alla tutela del privato dai fenomeni dell’usura e dell’estorsione, che lede il diritto di personalità del singolo socio e del sodalizio nel suo complesso.
Difatti la commissione di reati quali l’usura e l’estorsione, in un ambito territoriale coincidente con quello in cui il sodalizio opera, portavoce dell’associazionismo tra imprenditori, quale unico mezzo per contrastare il fenomeno alla radice, con una capillare attività di contrasto e prevenzione, fa si che l’associazione stessa possa lamentare, in via autonoma, “…un danno non patrimoniale a causa della frustrazione ed afflizione di quanti si erano costituiti in sodalizio per amore di interessi nella cui cura in modo più pieno avevano ritenuto realizzare la propria personalità …” (Cass. Sez. III 13/11/1992)
Gli inequivocabili scopi sociali statutari testimoniano come il danno lamentato coincida con la lesione di un diritto assoluto ed essenziale del sodalizio costituitosi, costituzionalmente tutelato dall’art. 2 Cost.; ne consegue che ogni attentato all’interesse del sodalizio si sostanzia nella lesione del diritto di personalità del sodalizio stesso.
L’Associazione si immedesima nell’interesse perseguito, l’affectio societatis verso l’interesse prescelto è statutariamente determinato. L’associazione svolge un’azione che consente di individuare la sussistenza in capo alla stessa di un diritto soggettivo autonomo che viene leso e frustrato dalla esistenza di simili sodali camorristici.

La sussistenza dei presupposti fondanti la risarcibilità del danno in capo all’associazione si sostanziano nel nesso eziologico corrente tra la condotta criminale degli imputati ed il pregiudizio derivatone all’attività di sensibilizzazione ed impulso alla denuncia quotidianamente svolta dall’associazione nelle sue molteplici azioni sul campo.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Una creatura giurisprudenziale

La Costituzione di parte civile delle Associazioni Antiracket: una creatura giurisprudenziale

La Giurisprudenza, di legittimità e di merito, è oramai consolidata nel ritenere ammissibile la costituzione di parte civile delle associazioni Antiracket quali portatrici di un diritto soggettivo proprio in cui l’interesse diffuso si concretizza divenendo interesse alla tutela di un bene determinato, quale è nel caso di specie, la libertà di iniziativa economica privata.

Il diritto dell’associazione antiracket a intervenire nel processo penale attraverso la costituzione in giudizio, esercitando in tal senso l’azione civile ed assistendo la persona offesa, ad oggi resta un prodotto della più attenta ed analitica Giurisprudenza:
L’esperienza dell’associazionismo napoletano ha infatti posto in condizione Giudici di merito del Tribunale partenopeo e non solo, di contribuire notevolmente all’evoluzione del percorso giurisprudenziale in materia di costituzione di parte civile delle associazioni antiracket.
La Magistratura togata partenopea ha difatti riconosciuto l’esistenza di un danno economicamente apprezzabile motivando in tal senso decine di sentenze di cui un gran numero ad oggi definitive. Il percorso intrapreso dalle associazioni potrebbe in tal senso trovare terreno fertile al fine di un possibile ed auspicabile riconoscimento legislativo del danno e del diritto a costituirsi in giudizio iure proprio.
Il processo ha come fine ultimo quello di verificare l’attendibilità della ipotesi accusatoria sulla cui base l’ufficio del Pubblico Ministero ha ritenuto di esercitare l’azione penale. Questa verifica procede a prescindere dalla presenza o meno all’interno del processo in qualità di parte processuale del soggetto danneggiato dal reato. In tal senso la cd parte civile assume il ruolo di parte eventuale.
Questa espressione non deve però trarci in inganno. Difatti alla costituzione di parte civile all’interno del processo penale sono difatti collegati effetti rilevanti sia per la persona offesa che per la persona danneggiata dal reato. Sulla differenziazione delle due figure ci soffermeremo in seguito, mentre ora è di preliminare importanza comprendere quali siano gli effetti per la parte danneggiata dal reato relativi alla costituzione di parte civile nei confronti dell’autore del reato che ha leso un proprio diritto soggettivo.
Il codice penale prescrive difatti che chiunque abbia commesso un reato che abbia cagionato un danno è obbligato a risarcirlo. In tal senso la sede propria per la richiesta di risarcimento danno al fine di vedere lo stesso ristorato in termini patrimoniali e non patrimoniali è quella del processo civile. Con la citazione in giudizio del presunto responsabile si richiede al giudice civile di valutare attraverso una verifica processuale del fatto, la sussistenza di quel rapporto di causa effetto tra condotta dell’autore e danno cagionato all’offeso. Il tutto con una tempistica indiscutibilmente ben più ampia rispetto agli stretti tempi del processo penale.
Alla persona offesa danneggiata dal reato è infatti data la possibilità di scegliere la sede dalla stessa ritenuta più opportuna al fine di vedere accertato e quantizzato il danno subito. La costituzione di parte civile costituisce allora il mezzo attraverso cui esercitare l’azione civile all’interno del processo penale, garantendo al contempo alla parte offesa di assumere un ruolo attivo all’interno del processo penale, teso si all’accertamento della verità processuale ma contestualmente alla salvaguardia dei diritti propri della persona offesa.
Difatti la presenza della parte civile all’interno del processo penale ha ulteriori effetti positivi per l’offeso come la possibilità di essere assistito da un difensore qualora venga ascoltato nel corso del processo quale teste a carico, la possibilità di vedere in tempi maggiormente ristretti riconosciuta la esistenza di un danno, agire in seconda istanza in sede civile avendo già accertato in sede penale la esistenza di un danno e le responsabilità nella causazione dello stesso.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Partecipazione attiva della vittima

Partecipazione della vittima al processo e scelte endo-processuali dell’imputato

Il consolidamento di un simile approccio al processo ed alla denuncia nonché una effettiva assistenza della vittima del racket in sede procedimentale è foriero di rilevanti risvolti a livello processuale.
I partecipi di sodali camorristici, come già indicato in precedenza, sono spesso assistiti tecnicamente da ottimi professionisti, in grado di compiere le opportune valutazioni e scelte processuali nell’interesse dei loro assistiti.
Si rileva come, dall’esame della casistica, nei procedimenti in cui le vittime del racket possono usufruire di una difesa tecnica nonché dell’ausilio delle Associazioni Antiracket, rendendo in tal senso descrizioni più precise e ricevendo sin dal primo momento dell’arresto una assistenza legale e non solo a trecentosessanta gradi, i procedimenti sono caratterizzati dal sempre maggiore accesso, da parte degli imputati, a riti cd alternativi al dibattimento, quali ad esempio il rito abbreviato di cui agli artt. 438 s.s. c.p.p.
In conseguenza di tale scelta l’imputato sarà giudicato esclusivamente sulla base degli atti acquisiti sino a quel momento dall’Ufficio del Pubblico Ministero senza il necessario vaglio dibattimentale. Tale rito non prevede la deposizione in aula dell’imprenditore a fronte di uno sconto di pena, ma la possibilità per il Giudice di utilizzare ai fini della decisione la denuncia e gli eventuali riconoscimenti fotografici effettuati dall’imprenditore nell’immediatezza dei fatti.

Scelte difensive di questo tipo, in base alla nostra esperienza, sono quasi sempre motivate dalle aspettative che i difensori degli imputati hanno, ho non hanno, in riferimento all’espletamento dell’istruttoria dibattimentale. La eventuale previsione di una pressoché puntuale conferma da parte dell’imprenditore di quanto deposto in sede di denuncia e qualora la denuncia stessa non lasci margini di incertezza, soprattutto se adeguatamente supportata da ulteriori indagini espletate, farà optare per la maggior parte dei casi per il rito abbreviato.
Si comprende come una simile scelta difensiva, sulla scorta della precisione delle dichiarazioni rese e di una ottima operazione di polizia giudiziaria, comporti una notevole diminuzione per la parte offesa del ruolo che la stessa si troverà a rivestire all’interno della vicenda strettamente processuale. Al contempo è garantita una maggiore celerità del procedimento ed un minimo dispiego di energie da parte di tutti gli attori processuali.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Assistenza giudiziale alle vittime di estorsione

La necessità di una adeguata assistenza alla vittima di estorsione
Rilevanza penale della denuncia

Ventiquattro aprile duemilasette – aula dibattimento presso il Tribunale di Napoli – è in corso l’audizione di un imprenditore difeso e rappresentato da un avvocato antiracket la cui attività professionale è prestata prevalentemente in favore di soggetti vittime di reati quali usura, estorsione e concussione. Costituite parti civili accanto all’imprenditore e rappresentate dal medesimo legale il Coordinamento Napoletano delle Associazioni Antiracket e la FAI.
L’imprenditore ha avuto il coraggio di denunciare i suoi estorsori mettendo così a nudo oltre dieci anni di soprusi ed angherie che hanno portato la sua impresa sull’orlo del fallimento. Oggi i suoi estorsori sono presenti in aula ed ascoltano l’esame dell’imprenditore condotto dal Pubblico Ministero:

PM – sempre in quel periodo grossomodo, nel ’00, ’01 la sua azienda aveva ulteriori cantieri a via … e Piazza …?
DICH – Si.
PM – di che tipo di lavoro si trattava?
DICH – Fabbricati.
PM – lei anche per questi lavori ha denunciato di aver avuto richieste di denaro, vuole raccontare al Tribunale di che tipo di richieste si trattava e da parte di chi le ha ricevute?
DICH – La stessa cosa di sempre – non mi ero presentato a chi di dovere, non conoscevo nessuno, io stavo prendendo un gelato al bar cavallo a Piazza …… dove lavoravo venne uno alle spalle e disse: “adesso ti dovrei sparare nelle gambe”, “perché cosa ho fatto?”, perché non vi siete presentati a chi di dovere”, ma a chi mi devo presentare? Dove devo andare? Chi sono?qua vengono tanta gente che cercano qualcosa”. Dissero: “adesso va da quella persona che sta nel giardinetto a pochi metri, lui ti accompagna dove devi andare”, “ e mi portarono…”
PM – con quante persone lei si incontrò?
DICH – uno stava ai giardinetti ed uno stava più distante nelle macchine, “vieni con noi, ti portiamo noi” – “ma dove?” – “non ti preoccupare” – allora vengo con la mia macchina?” – “Si fai bene” – e sono andato a …, verso …, ho sostato la macchina e mi hanno fatto salire a casa in un palazzo…
PM – le dissero dove la stavano conducendo?
DICH – ho visto il palazzo
PM – loro le dissero dove la stavano portando?
DICH – Io camminavo dietro con la macchina e loro camminavano con la macchina avanti e un altro indietro. Mi portavano in un palazzo …
PM – ma lei non chiese dove stiamo andando?
DICH – loro mi dissero che mi portavano da chi dovevamo parlare per la situazione.
PM – chi era questa persona da cui dovevate andare a parlare?
DICH – quando sono entrato nel palazzo, ho visto una persona alta, snella con i capelli lunghi che si chiamava, lo chiamavano di soprannome … e poi dopo, domandando, mi disse che si chiamava …
PM – lei riconobbe in fotografia questa persona?
DICH – Si anche dai Carabinieri
PM – che cosa accadde durante quest’incontro?
DICH – “Accomodati, so che sei un bravo ragazzo…so che stai facendo un lavoro qua e là”
PM – a quale lavoro fece riferimento?
DICH – Via … e P.zza …, a … sempre. Devi pagare, mi avete fatto fare tutte queste cose, mi volete sparare nelle gambe, perché si usa così, uno deve lavorare, lui disse: DICH – Si, continuai i lavori e in una settimana portai ed in un’altra settimana portai altri sei milioni.
PM – Dove li portò?
DICH – A casa sua in via …
PM – sarebbe in grado di riconoscere l’imputato oggi?
DICH – Si è il primo con gli occhiali.
PM – Lei poi ha denunciato analoghi episodi, in relazione ad un cantiere sito in via …
DICH – Si.
PM – Vuole dire al Tribunale che cosa accadde?
DICH – Venne un certo …, che non era il suo nome…
PM – Come si chiamava?
DICH – Si chiamava …
PM – Lei lo riconobbe anche in foto?
DICH – Si. Sta qua nella gabbia.
PM – Vuole indicare quali delle persone presenti nella gabbia corrisponde al Signor …?
DICH – E’ il terzo, uno due e tre.
PM – che tipo di lavoro stava svolgendo?
DICH – sempre intonacatura e pitturazione del palazzo
PM – a quanto ammontavano questi lavori?
DICH – a duecento e dispari milioni omissis
PM – a quest’incontro con queste tre persone lei si recò da solo?
DICH – stavo con mio figlio, io gli dissi di non venire, ma lui è venuto
PM – cosa accadde in questa occasione?
DICH – mi minacciarono
PM – con quali modalità e con che parole la minacciarono?
DICH – che dovevo pagare il Pizzo, perché sempre siamo della zona, non vi siete presentati. Io dissi che non mi presentavo a nessuno perché non sapevo dove presentarmi, mi dissero: Ci devi dare i soldi” mi fecero una richiesta di più di 10 milioni ed io dissi che ne potevo dare al massimo 5, così siamo rimasti a cinque milioni che portai la settimana dopo in contanti…
PM – in tutte queste occasioni in cui incontrò queste persone, le fu mai prospettato nel caso in cui si fosse rifiutato di pagare?
DICH – e come si può dottore
PM – cosa poteva accadere a lei o alla azienda?
DICH – Si, a me mi rubavano nell’azienda…
PM – non le sto chiedendo se rubavano, le sto chiedendo se da parte di queste persone le fu prospettata qualcosa in relazione alla eventualità che lei omettesse di consegnare queste somme di denaro?
DICH – Io consegnavo, io stavo male, perché poi ci dovevamo riprendere da questo episodio, dai soldi che pagavamo, perché alla fine del mese non c’erano soldi ed andavamo in banca a prendere soldi in prestito …
PM – Nel corso di questi incontri le fu richiesto di sospendere i lavori?
DICH – Prima di dare i soldi si, si perdeva una giornata di cinque o sei operai, tre o quattro di la ed erano milioni che si perdevano … purtroppo gli operai non lavoravano, a volte anche il giorno dopo perché avevano paura
PM – lei successivamente li riconobbe in fotografia?
DICH – Si.
PM – Sarebbe in grado di riconoscerli anche oggi in quest’aula?
DICH – Eccolo qua, con la maglia rosa
PM– come si chiama?
DICH – Si chiama…
AVV. ANTIRACKET– avete documentato in qualche modo questi pagamenti?
DICH – si ce li abbiamo tutti scritti dentro un libro paga … perché erano pagamenti tutti richiesti in contanti da loro e l’amministratore della società li iscriveva tutti quanti sul libro paga; questo libro paga ce l’ha il tribunale perché l’abbiamo consegnato ai Carabinieri…
AVV.ANTIRACKET – perché avete denunciato?
DICH – Quando alla fine del mese non arrivano i soldi per pagare e le banche non ti danno i prestiti … io non ho denunciato solo queste persone qua, ho denunciato una serie di persone cattive, per un ammontare di 250 milioni un po’ alla volta, pensate in tanti anni, dieci milioni alla volta, cinque milioni, non potevo andare in ferie, non avevo la macchina, non si poteva aggiustare niente, non si poteva fare un regalo perché uscivano milioni come niente fosse …
AVV. ANTIRACKET – dopo aver denunciato siete stati assistiti dall’associazione antiracket?
DICH – Si. Mi hanno assistito
AVV.ANTIRACKET – dopo aver denunciato avete subito episodi di ritorsione o minacce
DICH. – No. Assolutamente,

Riflessioni: ecco cosa significa denunciare il racket ed assistere in giudizio le vittime.
La prima cosa che impressiona, alla lettura di queste semplici battute, è la lucidità e la determinazione dell’imprenditore, seppur decisamente oltre la soglia dei settanta anni: analitica descrizione dei fatti e dettagliata individuazione in aula degli autori dei singoli episodi delittuosi.
L’imprenditore della nostra storia, ha in tal modo contribuito in modo rilevante ad assicurare alla giustizia con conseguente condanna alle pene di legge previste per i reati di estorsione aggravata finalizzata ad agevolare l’associazione camorristica di appartenenza, oltre 20 imputati. Il tutto semplicemente attraverso la denuncia operata presso il Comando dei Carabinieri, ma soprattutto attraverso la conferma delle dichiarazioni rese nell’aula del Tribunale.
Lo stesso imprenditore oggi ha smesso di “mettersi a posto con i clan” e tramite la consulenza delle associazioni antiracket stesse ha avuto accesso ai benefici di cui alla legge n°44 del 1999 nonché richiesto al Fondo di rotazione per le vittime della mafia di cui alla L.512 del 1999 il pagamento del risarcimento cui i suoi estorsori sono stati condannati.
Il rito ordinario, quello il cui stralcio delle dichiarazioni è stato su riportato al fine di far comprendere cosa significa – denunciare il racket – e cosa significa – assistere una vittima del racket, si è concluso con la condanna di tutti gli imputati a complessivi 120 anni di carcere nonché al risarcimento del danno patito dalla persona offesa con contestuale liquidazione di una provvisionale. Lo stesso dicasi per le associazioni antiracket costituite che hanno visto riconosciuto il danno richiesto.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Il ruolo dell’avvocato antiracket

I poteri riconosciuti dal codice di procedura penale alla persona offesa dal reato, successivamente destinata a costituirsi parte civile, sono esercitabili dalla stessa a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale.
La persona offesa assume nel processo una indiscutibile posizione di supporto a quella dell’Ufficio del Pubblico Ministero, ad esempio in procedimenti scaturenti dalla propria denuncia; le facoltà concesse dalla legge vanno in tal senso esercitate essendo di fondamentale importanza una pronta ed attenta assistenza legale sin dal compimento dei primi atti di indagine.
Alla persona offesa viene infatti riconosciuta tutta una fascia di diritti e facoltà a partire dalla fase delle indagini preliminari, poteri di impulso alle indagini, diritto di essere informato sullo stato delle stesse, fino ad opporsi ad eventuali richieste di archiviazione e prima che l’Ufficio del Pubblico Ministero proceda a richiedere l’emissione di misure cautelari e la conseguente richiesta di rinvio a giudizio.
La vittima di usura, estorsione e reati della stessa indole, proprio per il ruolo che assume, deve essere rappresentata in tutte le sedi procedimentali e processuali da un avvocato. Per la particolare tipologia di assistenza di cui la vittima di reati di tal genere necessita, il ruolo difensivo deve essere affidato ad un legale dotato di specifiche competenze in materia.
Il cd. avvocato antiracket, iscritto all’albo ordinario degli avvocati, è chiamato ad esercitare un duplice ruolo: tecnico-giuridico in senso stretto e di contestuale supporto psicologico diventando per vittima del reato il referente di ogni singola istanza, dubbio e paura. Il tutto teso a garantire la genuinità del pilastro accusatorio dibattimentale.
Difatti le dichiarazioni rese dall’imprenditore vittima di richieste estorsive assurgono spesso a prova principe ai fini della condanna degli imputati di concerto con riconoscimenti fotografici compiuti dallo stesso in fase di indagine, in aula o ancor più da un eventuale ricognizione personale disposta dal Tribunale stesso. Ulteriori attività investigative come intercettazioni telefoniche o ambientali, arresto a seguito di operazioni concordate a seguito della denuncia, seppur rilevanti ai fini della condanna spesso fanno da elemento accessorio alle insostituibili dichiarazioni della vittima che, de visu ha subito l’estorsione.
Solo una adeguata assistenza difensiva garantirà la genuinità e trasparenza del vaglio dibattimentale, avente ad oggetto fatti spesso risalenti nel tempo e darà modo alla vittima di affrontare l’intera vicenda con cognizione di causa, conscio dei passi che di volta in volta si accingerà a compiere.
In questo si sostanzia il ruolo fondamentale delle associazioni antiracket e della figura dell’avvocato antiracket le cui sinergie mettono in condizione la vittima di affrontare il percorso processuale con estrema lucidità, garantendo al contempo una deposizione dibattimentale scevra “vuoti di memoria”, spesso dovuti al tempo trascorso e libera da condizionamenti ambientali.
Gli imputati di tali reati sono infatti nella maggior parte dei casi, assistiti da interi collegi difensivi, per usare una espressione forse un po’ colorita “al soldo” degli stessi clan, e che, una volta giunti al dibattimento avranno come unico obbiettivo quello di far emergere nel racconto dell’imprenditore contraddizioni e lacune di memoria tesi a minarne la credibilità, sulla cui solidità spesso si fonda l’intero impianto accusatorio del pubblico ministero.
La testimonianza così resa dalla persona offesa ha quasi sempre ad oggetto fatti risalenti nel tempo, spesso articolati e relativi a più imputati nel medesimo procedimento, si da essere facilmente sottoposti al contro esame dei collegi difensivi nel rispetto delle garanzie processuali degli imputati stessi, che se non adeguatamente chiarite, potrebbero porre in discussione la prova principe dell’intero procedimento penale, le credibilità ed attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa.
Questa atipica figura di legale, ha scelto così in via definitiva di patrocinare esclusivamente vittime dei reati di tipo mafioso conseguentemente maturando sul campo una concreta incompatibilità alla assistenza di imputati in reati connessi e della medesima tipologia.
Tornando infatti alla deposizione resa dal nostro imprenditore tipo, narrata in via esemplificativa, è di facile comprensione capire quanta rilevanza assuma nella fase pre-dibattimentale, prima di essere cioè ascoltato dal pubblico ministero, il contatto necessario tra imprenditore ed avvocato antiracket.

Se la testimonianza in Tribunale in alcuni casi rappresenta così il cuore del processo, la denuncia della vittima del racket è spesso il presupposto dell’intera azione penale, cui spetta dar seguito all’ufficio del Pubblico Ministero attraverso il compimento di ulteriori atti di indagine. Tanto più complesse e dettagliate sono le ulteriori indagini a completamento, integrazione nonché riscontro della denuncia resa dall’imprenditore, tanto minore sarà lo sforzo in sede processuale richiesto alla vittima del reato ai fini di un sereno accertamento dei fatti.
Ecco come l’avvocato antiracket, di concerto con l’associazione antiracket, costituisce spesso l’interfaccia tra la vittima del reato e la Procura della Repubblica; è colui, che in veste di privato e di uomo prima, in veste di tecnico del diritto poi, presta assistenza ad operatori economici spesso angosciati e stremati dalle umiliazioni subite sino al momento della denuncia.
Gli incontri tra l’imprenditore ed il proprio avvocato sono così finalizzati a rasserenare lo stesso nell’ottica del futuro esame dibattimentale al contempo ripercorrendo, carte alla mano, l’intera vicenda da lui vissuta rendendolo edotto delle modalità con sui l’esame stesso sarà condotto, in considerazione del fatto che nella maggior parte dei casi la parte offesa stessa non ha mai varcato la soglia dell’aula di Giustizia.
Il Pubblico Ministero potrà in tal modo procedere all’esame di una parte privata, la persona offesa costituita parte civile, addivenendo nella maggior parte dei casi ad una testimonianza lineare e coerente.
L’avvocato antiracket opera pertanto dietro le quinte e spesso al di fuori del “teatrino” processuale creando i presupposti logici e di fatto tesi ad una deposizione logica e coerente ai fatti come realmente accaduti. La deposizione dell’imprenditore in aula è certamente uno dei momenti più critici, ma al contempo liberatori, dell’intera vicenda processuale.
A questo si deve aggiungere come non siano mancati, perché processualmente provati, episodi in cui le vittime stesse siano state oggetto di atti di intimidazione al fine di addivenire alla ritrattazione di quanto esposto in sede di denuncia.
Ecco il ruolo fondamentale dell’avvocato antiracket, tecnico del diritto e sensibile uditore delle paure, delle ansie e delle istanze di chi ha deciso di opporsi alla violenza dei clan, pronto in tal senso ad interfacciarsi direttamente con l’Ufficio della procura procedente per segnalare, in considerazione della tipologia dei reati per cui si procede, eventuali atti “intimidatori” posti in essere in danno della persona offesa nella fase antecedente l’escussione dibattimentale.
Questo a volte complesso sistema di relazioni tra Uffici della Procura, dirigenti delle Associazioni Antiracket e avvocato antiracket, mira così a garantire la persona offesa da qualsivoglia pressione psicologica o “criminale” che dovesse intervenire dalla fase della denuncia a quella della definizione dell’intero procedimento penale.
Il ruolo dell’avvocato antiracket è in tal senso supportato dal lavoro costante dei dirigenti delle Associazioni Antiracket, referenti anche politici ma ancor prima uomini capaci di ingenerare nella persona offesa la sicurezza che qualsiasi atto intimidatorio, qualsiasi segnale proveniente da chi si è reso reo di simili misfatti, non potrà che aggravare la propria posizione processuale, stante il filo diretto oramai esistente tra vittima, avvocato, associazione e Procura della Repubblica.
Questo è il chiaro messaggio diretto ad estorsori e sodali camorristici: l’imprenditore che denuncia non è più solo – è in una rete – che lo supporta nell’arco dell’intero procedimento garantendone così affidabilità e sicurezza.
L’avvocato antiracket da canto suo è un libero professionista che ha scelto, scelto di stare dalla parte di coloro che hanno subito la violenza e l’intimidazione del potere mafioso e camorristico. Imprenditori, commercianti, persone che da anni vivono e convivono in realtà come quelle di Napoli e provincia, dove la camorra non è un concetto astratto e lontano, ma un modo di pensare, di essere, i cui retaggi sottoculturali sono difficili da sconfiggere e dove la linea di confine tra il subire intimidazioni e prestare acquiescenza perché conniventi è molto sottile.
Questa scelta di parte non è scevra da problematiche. La preparazione tecnica del penalista garantisce una adeguata assistenza alla vittima del racket sia in fase di indagine che processuale. Al contempo la cultura stessa del penalista non consentirebbe di distinguere tra persone offese e loro aguzzini, in omaggio al principio del diritto inviolabile di difesa garantito costituzionalmente.

Nel prestare assistenza alle vittime del racket la scelta è d’obbligo, non esistono vie di mezzo, l’avvocato antiracket oltre a rappresentare la persona offesa e se stesso è parte di un movimento, parte di una cultura antagonista all’illegalità in cui le mafie operano ed in questo movimento ha scelto di operare ponendo al suo servizio la propria professionalità ed esperienza.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Le richieste di risarcimento danni

Le richieste di risarcimento danni – Natura meramente risarcitoria e non lucrativa delle richieste economiche in sede processuale

Le attività poste in essere dalle associazioni antiracket, oggetto del presente lavoro, il loro continuo rigenerarsi attraverso processi di aggregazione tesi a far si che sempre più imprenditori in sempre maggiori realtà territoriali trovino la forza di reagire di concerto con Istituzioni locali ed Autorità Giudiziaria, richiedono necessariamente per i referenti delle associazioni stesse la capacità di trasmettere all’utente sicurezza ed affidabilità.
A queste imprescindibili caratteristiche dell’operatore antiracket devono necessariamente aggiungersi la capacità tecniche di affrontare le problematiche in primis socio-psicologiche e di seguito tecnico-giuridiche del caso specifico, nonché un corretto e funzionale rapporto delle stesse con Istituzioni ed Autorità Giudiziaria procedente.
Si comprende come tutto questo, nonché le necessarie attività di formazione ed informazione proprie e tipiche delle associazioni, richiedano necessariamente l’impiego di risorse, umane ed economiche. Sedi operative, consulenze psicologiche, legali nonché tutto quanto attiene alla continua attività di formazione ed informazione alla legalità, da esercitare in maniera continuativa e costante sul territorio. Contrastare la sottocultura dell’illegalità in cui la camorra prolifera investendo milioni di euro, richiede a sua volta l’impiego di capitali.
Costi. Costi che sono tanto maggiori quanto maggiore è l’azione e l’intervento richiesto all’associazione sul territorio ed in riferimento alla contestuale pregnanza di sodali camorristici più o meno radicati. La loro esistenza ed operatività viene indiscutibilmente ad incidere sulla quantità di risorse economiche ed umane di cui avrà bisogno l’associazione antiracket al fine di operare.
Il danno arrecato all’associazione, come su ampiamente analizzato e riconosciuto, si sostanzia nella frustrazione stessa dello scopo sociale assunto dagli associati nonché nell’arretramento alla lotta al racket delle estorsioni e dell’usura oggetto della continua campagna di informazione e formazione alla legalità che l’associazione pone in essere sul territorio.
Le richieste di risarcimento danni vanno pertanto in questo senso, l’associazione che di volta in volta si costituisce parte civile, contestualmente ad affiancare la vittima che autonomamente agisce contro i propri aguzzini, richiede al giudice in sede penale e poi in sede civile la quantizzazione di una danno economicamente valutabile che, se soluto, porrà in condizione l’associazione stessa di aumentare il proprio raggio di azione ed incidenza sul territorio.
L’idea è semplice. Natura meramente risarcitoria del danno e richiesta finalizzata alla possibilità di reperire, in via solidale tra i partecipi condannati del sodale camorristico, i fondi necessari ad operare sul territorio.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello e dell’ avv. Alessandro Motta

Esperienza di avanguardia

Una esperienza d’avanguardia
L’associazionismo antiracket sorto in Sicilia oltre venti anni fa, è nato e sperimentato in Campania solo da pochi anni, nuovi meccanismi, l’assistenza alle vittime di estorsione ed usura, una sempre farraginosa macchina burocratica che dovrebbe in tempo reale assicurare i risarcimenti alle vittime della mafia, fanno dell’associazionismo antiracket e del suo modo di opporsi fuori e dentro al processo una esperienza indiscutibilmente di avanguardia ed in aperto contrasto a consorterie criminali in possesso di enormi patrimoni.
Al contrario l’esperienza dell’associazionismo antiracket è ad oggi spesso legata a labili finanziamenti regionali, provinciali o comunali, che mettono in condizione gli operatori del settore di lavorare sempre in uno stato di continua precarietà in bilico tra militanza e volontariato, di certo al di sotto delle potenzialità che il fenomeno potrebbe esprimere e manifestare.
Decidere di assistere una vittima del racket, implica la necessità di possedere sul campo un forte consenso popolare. Il consenso si ottiene attraverso la creazioni di sedi, attraverso l’assunzione di personale, attraverso una continua campagna in favore della legalità, garantendo al contempo la sicurezza personale di vittime ed operatori. Questo richiede risorse economiche stabili. Due sono le alternative: la istituzionalizzazione delle associazioni antiracket o la possibilità per le stesse di ottenere con immediatezza dallo stato i risarcimenti riconosciuti dalle sentenze dei giudici di merito.
Tra mille difficoltà date dalla precarietà con cui sono spesso costrette a sopravvivere ad oggi ed in riferimento alla sola regione Campania questi sono i dati salienti della contrasto ad attività di estorsione ed usura – si tiene a precisare come i dati indicati siano relativi ai procedimenti di maggiore rilevanza ed a decorrere dal 01.01.05 – da consultare nella sezione I processi e la giurisprudenza

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Le istituzioni e la società civile

Un sistema così compiutamente organizzato e strutturato come l’associazionismo antiracket, le cui basi sono indiscutibilmente state gettate nel corso degli ultimi dieci anni, deve trovare la giusta strada per far risvegliare le coscienze civili oramai sopite, unica strada per una reale rinascita delle nostre terre.
Il sistema legislativo, seppur ancora non perfettamente oliato esiste e necessità di un sempre più forte coordinamento a livello istituzionale essendo strutturato a partire dalle leggi 108/96 e 44/99 istitutive dei fondi di solidarietà ed assistenza alle vittime del racket e dell’usura, cui fanno seguito la L.512 del 1999 e la L.575 del 1965 in tema vittime della mafia e confisca dei beni e misure di prevenzione a carico di mafiosi o presunti tali.
E’ proprio in riferimento alla cit. L.512 del 1999, istitutiva del Comitato di Solidarietà delle Vittime dei reati di tipo mafioso, che rileva quale segno di alta civiltà giuridica, l’impegno che lo Stato assume, in proprio, di risarcire materialmente le vittime di tali reati riservandosi la possibilità di agire sul patrimonio mafioso per la reintegra di quanto pagato, magari incentivando l’uso dei beni confiscati. La vittima del reato non è così posta assurda condizione di dover richiedere il pagamento di quanto liquidato dal giudice con la sentenza di condanna agli esponenti dei sodali camorristici contro cui si è già faticosamente opposta nel corso del procedimento. Punto dolente del su citato meccanismo si sostanzia ad oggi esclusivamente di una eccessiva burocratizzazione dello stesso in questa sede auspicandosene una maggiore celerità nella valutazione e liquidazione delle istanze.
In conclusione l’auspicio è che attraverso un sempre maggior coordinamento tra Istituzioni e Società civile, nonché attraverso una revisione in senso critico e migliorativo dei meccanismi legislativi tesi alla gestione dei beni oggetto di confisca alle mafie ed al risarcimento economico e non solo delle vittime stesse, cresca il numero di imprenditori e comuni cittadini che decidano di denunciare ogni forma di intimidazione ed oppressione esercitata dalla mafia sul territorio poiché questa vive del silenzio e nel silenzio della costante intimidazione.
E’ così che attraverso la denuncia e la rete di assistenza creata da associazioni antiracket operanti sul territorio e società civile, forti della costante presenza dello Stato, interi sodali camorristici hanno visto confiscati i propri beni provento di reato. Reimmessi nel circuito legale potranno essere reimpiegati per contrastare realmente la criminalità organizzata attraverso attività di prevenzione e repressione nonché garantire in tempo reale un totale e doveroso risarcimento del danno alle vittime della mafia.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello