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Il ruolo dell’avvocato antiracket

I poteri riconosciuti dal codice di procedura penale alla persona offesa dal reato, successivamente destinata a costituirsi parte civile, sono esercitabili dalla stessa a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale.
La persona offesa assume nel processo una indiscutibile posizione di supporto a quella dell’Ufficio del Pubblico Ministero, ad esempio in procedimenti scaturenti dalla propria denuncia; le facoltà concesse dalla legge vanno in tal senso esercitate essendo di fondamentale importanza una pronta ed attenta assistenza legale sin dal compimento dei primi atti di indagine.
Alla persona offesa viene infatti riconosciuta tutta una fascia di diritti e facoltà a partire dalla fase delle indagini preliminari, poteri di impulso alle indagini, diritto di essere informato sullo stato delle stesse, fino ad opporsi ad eventuali richieste di archiviazione e prima che l’Ufficio del Pubblico Ministero proceda a richiedere l’emissione di misure cautelari e la conseguente richiesta di rinvio a giudizio.
La vittima di usura, estorsione e reati della stessa indole, proprio per il ruolo che assume, deve essere rappresentata in tutte le sedi procedimentali e processuali da un avvocato. Per la particolare tipologia di assistenza di cui la vittima di reati di tal genere necessita, il ruolo difensivo deve essere affidato ad un legale dotato di specifiche competenze in materia.
Il cd. avvocato antiracket, iscritto all’albo ordinario degli avvocati, è chiamato ad esercitare un duplice ruolo: tecnico-giuridico in senso stretto e di contestuale supporto psicologico diventando per vittima del reato il referente di ogni singola istanza, dubbio e paura. Il tutto teso a garantire la genuinità del pilastro accusatorio dibattimentale.
Difatti le dichiarazioni rese dall’imprenditore vittima di richieste estorsive assurgono spesso a prova principe ai fini della condanna degli imputati di concerto con riconoscimenti fotografici compiuti dallo stesso in fase di indagine, in aula o ancor più da un eventuale ricognizione personale disposta dal Tribunale stesso. Ulteriori attività investigative come intercettazioni telefoniche o ambientali, arresto a seguito di operazioni concordate a seguito della denuncia, seppur rilevanti ai fini della condanna spesso fanno da elemento accessorio alle insostituibili dichiarazioni della vittima che, de visu ha subito l’estorsione.
Solo una adeguata assistenza difensiva garantirà la genuinità e trasparenza del vaglio dibattimentale, avente ad oggetto fatti spesso risalenti nel tempo e darà modo alla vittima di affrontare l’intera vicenda con cognizione di causa, conscio dei passi che di volta in volta si accingerà a compiere.
In questo si sostanzia il ruolo fondamentale delle associazioni antiracket e della figura dell’avvocato antiracket le cui sinergie mettono in condizione la vittima di affrontare il percorso processuale con estrema lucidità, garantendo al contempo una deposizione dibattimentale scevra “vuoti di memoria”, spesso dovuti al tempo trascorso e libera da condizionamenti ambientali.
Gli imputati di tali reati sono infatti nella maggior parte dei casi, assistiti da interi collegi difensivi, per usare una espressione forse un po’ colorita “al soldo” degli stessi clan, e che, una volta giunti al dibattimento avranno come unico obbiettivo quello di far emergere nel racconto dell’imprenditore contraddizioni e lacune di memoria tesi a minarne la credibilità, sulla cui solidità spesso si fonda l’intero impianto accusatorio del pubblico ministero.
La testimonianza così resa dalla persona offesa ha quasi sempre ad oggetto fatti risalenti nel tempo, spesso articolati e relativi a più imputati nel medesimo procedimento, si da essere facilmente sottoposti al contro esame dei collegi difensivi nel rispetto delle garanzie processuali degli imputati stessi, che se non adeguatamente chiarite, potrebbero porre in discussione la prova principe dell’intero procedimento penale, le credibilità ed attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa.
Questa atipica figura di legale, ha scelto così in via definitiva di patrocinare esclusivamente vittime dei reati di tipo mafioso conseguentemente maturando sul campo una concreta incompatibilità alla assistenza di imputati in reati connessi e della medesima tipologia.
Tornando infatti alla deposizione resa dal nostro imprenditore tipo, narrata in via esemplificativa, è di facile comprensione capire quanta rilevanza assuma nella fase pre-dibattimentale, prima di essere cioè ascoltato dal pubblico ministero, il contatto necessario tra imprenditore ed avvocato antiracket.

Se la testimonianza in Tribunale in alcuni casi rappresenta così il cuore del processo, la denuncia della vittima del racket è spesso il presupposto dell’intera azione penale, cui spetta dar seguito all’ufficio del Pubblico Ministero attraverso il compimento di ulteriori atti di indagine. Tanto più complesse e dettagliate sono le ulteriori indagini a completamento, integrazione nonché riscontro della denuncia resa dall’imprenditore, tanto minore sarà lo sforzo in sede processuale richiesto alla vittima del reato ai fini di un sereno accertamento dei fatti.
Ecco come l’avvocato antiracket, di concerto con l’associazione antiracket, costituisce spesso l’interfaccia tra la vittima del reato e la Procura della Repubblica; è colui, che in veste di privato e di uomo prima, in veste di tecnico del diritto poi, presta assistenza ad operatori economici spesso angosciati e stremati dalle umiliazioni subite sino al momento della denuncia.
Gli incontri tra l’imprenditore ed il proprio avvocato sono così finalizzati a rasserenare lo stesso nell’ottica del futuro esame dibattimentale al contempo ripercorrendo, carte alla mano, l’intera vicenda da lui vissuta rendendolo edotto delle modalità con sui l’esame stesso sarà condotto, in considerazione del fatto che nella maggior parte dei casi la parte offesa stessa non ha mai varcato la soglia dell’aula di Giustizia.
Il Pubblico Ministero potrà in tal modo procedere all’esame di una parte privata, la persona offesa costituita parte civile, addivenendo nella maggior parte dei casi ad una testimonianza lineare e coerente.
L’avvocato antiracket opera pertanto dietro le quinte e spesso al di fuori del “teatrino” processuale creando i presupposti logici e di fatto tesi ad una deposizione logica e coerente ai fatti come realmente accaduti. La deposizione dell’imprenditore in aula è certamente uno dei momenti più critici, ma al contempo liberatori, dell’intera vicenda processuale.
A questo si deve aggiungere come non siano mancati, perché processualmente provati, episodi in cui le vittime stesse siano state oggetto di atti di intimidazione al fine di addivenire alla ritrattazione di quanto esposto in sede di denuncia.
Ecco il ruolo fondamentale dell’avvocato antiracket, tecnico del diritto e sensibile uditore delle paure, delle ansie e delle istanze di chi ha deciso di opporsi alla violenza dei clan, pronto in tal senso ad interfacciarsi direttamente con l’Ufficio della procura procedente per segnalare, in considerazione della tipologia dei reati per cui si procede, eventuali atti “intimidatori” posti in essere in danno della persona offesa nella fase antecedente l’escussione dibattimentale.
Questo a volte complesso sistema di relazioni tra Uffici della Procura, dirigenti delle Associazioni Antiracket e avvocato antiracket, mira così a garantire la persona offesa da qualsivoglia pressione psicologica o “criminale” che dovesse intervenire dalla fase della denuncia a quella della definizione dell’intero procedimento penale.
Il ruolo dell’avvocato antiracket è in tal senso supportato dal lavoro costante dei dirigenti delle Associazioni Antiracket, referenti anche politici ma ancor prima uomini capaci di ingenerare nella persona offesa la sicurezza che qualsiasi atto intimidatorio, qualsiasi segnale proveniente da chi si è reso reo di simili misfatti, non potrà che aggravare la propria posizione processuale, stante il filo diretto oramai esistente tra vittima, avvocato, associazione e Procura della Repubblica.
Questo è il chiaro messaggio diretto ad estorsori e sodali camorristici: l’imprenditore che denuncia non è più solo – è in una rete – che lo supporta nell’arco dell’intero procedimento garantendone così affidabilità e sicurezza.
L’avvocato antiracket da canto suo è un libero professionista che ha scelto, scelto di stare dalla parte di coloro che hanno subito la violenza e l’intimidazione del potere mafioso e camorristico. Imprenditori, commercianti, persone che da anni vivono e convivono in realtà come quelle di Napoli e provincia, dove la camorra non è un concetto astratto e lontano, ma un modo di pensare, di essere, i cui retaggi sottoculturali sono difficili da sconfiggere e dove la linea di confine tra il subire intimidazioni e prestare acquiescenza perché conniventi è molto sottile.
Questa scelta di parte non è scevra da problematiche. La preparazione tecnica del penalista garantisce una adeguata assistenza alla vittima del racket sia in fase di indagine che processuale. Al contempo la cultura stessa del penalista non consentirebbe di distinguere tra persone offese e loro aguzzini, in omaggio al principio del diritto inviolabile di difesa garantito costituzionalmente.

Nel prestare assistenza alle vittime del racket la scelta è d’obbligo, non esistono vie di mezzo, l’avvocato antiracket oltre a rappresentare la persona offesa e se stesso è parte di un movimento, parte di una cultura antagonista all’illegalità in cui le mafie operano ed in questo movimento ha scelto di operare ponendo al suo servizio la propria professionalità ed esperienza.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

La vittima del reato ed il mero danneggiato

Il codice di procedura penale, pur prevedendo una dettagliata normativa in riferimento ai poteri attribuiti alla persona offesa dal reato, non ne offre una definizione. La stessa può comunque essere identificata con il soggetto che subisce il danno al bene giuridico protetto dalla norma penale a causa della aggressione posta in essere dall’autore del reato. Nel caso di nostra spettanza colui che materialmente subisce l’estorsione con conseguente danno patrimoniale e non patrimoniale economicamente valutabile.
Diverso è il concetto di persona danneggiata dal reato. Lo stesso coincide con chiunque debba sopportare un pregiudizio di natura patrimoniale o non patrimoniale, ma sempre economicamente apprezzabile, in ragione del fatto reato altrui.
E’ stato così creato un sistema in cui convivono la persona offesa ed il danneggiato da reato con diversi poteri e diritti in considerazione anche della fase procedimentale o processuale in cui ci si trova. Il mero danneggiato dal reato (per intenderci l’associazione antiracket o il Comune) avrà diritto ad agire e diverrà formalmente parte del processo solo a seguito della costituzione in giudizio.
La persona offesa al contrario, diverrà anch’essa parte processuale solo con la costituzione in giudizio, ma alla stessa sono attribuite tutta una serie di diritti e facoltà durante la fase delle indagini preliminari fino alla notifica del decreto di fissazione dell’udienza preliminare – avviso cui il danneggiato dal reato non ha diritto.
In tal senso il diritto alla costituzione di parte civile all’interno del processo penale è riconosciuto ai sensi dell’art. 74 c.p.p. al soggetto danneggiato dal reato in tal modo ricomprendendo in tale categoria sia la persona offesa dal reato in senso tecnico che il danneggiato in senso lato. Certamente il codice, pur riconoscendo ad entrambi la facoltà di costituirsi parte civile ne attua una diversa regolamentazione dei poteri procedimentali essendo nel soggetto persona offesa dal reato indiscutibilmente presente l’interesse del privato alla persecuzione penale del reo.
Basti pensare all’obbligo sussistente in capo all’Ufficio del Pubblico Ministero ai sensi del combinato disposto dell’art 369 c.p.p., che prevede la notifica della informazione di garanzia anche alla persona offesa dal reato e dell’art. 417 lett. a c.p.p. che prevede come requisito della richiesta di rinvio a giudizio l’indicazione delle generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l’identificazione. Poteri non riconosciuti al mero danneggiato dal reato essendo lo stesso non definibile aprioristicamente in considerazione delle diverse tipologie di reati.
E’ proprio infatti in considerazione dei reati oggetto del presente lavoro che assume una particolare rilevanza questa distinzione. Il reato di estorsione, commesso ai danni di un imprenditore e con le finalità di agevolare una associazione a delinquere di stampo camorristico, vedrà quale persona offesa in senso tecnico l’imprenditore, il commerciante che è materialmente considerata la vittima del reato. Contestualmente creerà un danno alle attività commerciali ed all’immagine della città facendo sorgere un diritto al risarcimento del danno agli enti territoriali Comune, Provincia e Regione nonché alle Associazioni Antiracket, enti privati seppur dotati di un riconoscimento pubblico attraverso l’avallo prefettizio.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Le richieste di risarcimento danni

Le richieste di risarcimento danni – Natura meramente risarcitoria e non lucrativa delle richieste economiche in sede processuale

Le attività poste in essere dalle associazioni antiracket, oggetto del presente lavoro, il loro continuo rigenerarsi attraverso processi di aggregazione tesi a far si che sempre più imprenditori in sempre maggiori realtà territoriali trovino la forza di reagire di concerto con Istituzioni locali ed Autorità Giudiziaria, richiedono necessariamente per i referenti delle associazioni stesse la capacità di trasmettere all’utente sicurezza ed affidabilità.
A queste imprescindibili caratteristiche dell’operatore antiracket devono necessariamente aggiungersi la capacità tecniche di affrontare le problematiche in primis socio-psicologiche e di seguito tecnico-giuridiche del caso specifico, nonché un corretto e funzionale rapporto delle stesse con Istituzioni ed Autorità Giudiziaria procedente.
Si comprende come tutto questo, nonché le necessarie attività di formazione ed informazione proprie e tipiche delle associazioni, richiedano necessariamente l’impiego di risorse, umane ed economiche. Sedi operative, consulenze psicologiche, legali nonché tutto quanto attiene alla continua attività di formazione ed informazione alla legalità, da esercitare in maniera continuativa e costante sul territorio. Contrastare la sottocultura dell’illegalità in cui la camorra prolifera investendo milioni di euro, richiede a sua volta l’impiego di capitali.
Costi. Costi che sono tanto maggiori quanto maggiore è l’azione e l’intervento richiesto all’associazione sul territorio ed in riferimento alla contestuale pregnanza di sodali camorristici più o meno radicati. La loro esistenza ed operatività viene indiscutibilmente ad incidere sulla quantità di risorse economiche ed umane di cui avrà bisogno l’associazione antiracket al fine di operare.
Il danno arrecato all’associazione, come su ampiamente analizzato e riconosciuto, si sostanzia nella frustrazione stessa dello scopo sociale assunto dagli associati nonché nell’arretramento alla lotta al racket delle estorsioni e dell’usura oggetto della continua campagna di informazione e formazione alla legalità che l’associazione pone in essere sul territorio.
Le richieste di risarcimento danni vanno pertanto in questo senso, l’associazione che di volta in volta si costituisce parte civile, contestualmente ad affiancare la vittima che autonomamente agisce contro i propri aguzzini, richiede al giudice in sede penale e poi in sede civile la quantizzazione di una danno economicamente valutabile che, se soluto, porrà in condizione l’associazione stessa di aumentare il proprio raggio di azione ed incidenza sul territorio.
L’idea è semplice. Natura meramente risarcitoria del danno e richiesta finalizzata alla possibilità di reperire, in via solidale tra i partecipi condannati del sodale camorristico, i fondi necessari ad operare sul territorio.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello e dell’ avv. Alessandro Motta

Esperienza di avanguardia

Una esperienza d’avanguardia
L’associazionismo antiracket sorto in Sicilia oltre venti anni fa, è nato e sperimentato in Campania solo da pochi anni, nuovi meccanismi, l’assistenza alle vittime di estorsione ed usura, una sempre farraginosa macchina burocratica che dovrebbe in tempo reale assicurare i risarcimenti alle vittime della mafia, fanno dell’associazionismo antiracket e del suo modo di opporsi fuori e dentro al processo una esperienza indiscutibilmente di avanguardia ed in aperto contrasto a consorterie criminali in possesso di enormi patrimoni.
Al contrario l’esperienza dell’associazionismo antiracket è ad oggi spesso legata a labili finanziamenti regionali, provinciali o comunali, che mettono in condizione gli operatori del settore di lavorare sempre in uno stato di continua precarietà in bilico tra militanza e volontariato, di certo al di sotto delle potenzialità che il fenomeno potrebbe esprimere e manifestare.
Decidere di assistere una vittima del racket, implica la necessità di possedere sul campo un forte consenso popolare. Il consenso si ottiene attraverso la creazioni di sedi, attraverso l’assunzione di personale, attraverso una continua campagna in favore della legalità, garantendo al contempo la sicurezza personale di vittime ed operatori. Questo richiede risorse economiche stabili. Due sono le alternative: la istituzionalizzazione delle associazioni antiracket o la possibilità per le stesse di ottenere con immediatezza dallo stato i risarcimenti riconosciuti dalle sentenze dei giudici di merito.
Tra mille difficoltà date dalla precarietà con cui sono spesso costrette a sopravvivere ad oggi ed in riferimento alla sola regione Campania questi sono i dati salienti della contrasto ad attività di estorsione ed usura – si tiene a precisare come i dati indicati siano relativi ai procedimenti di maggiore rilevanza ed a decorrere dal 01.01.05 – da consultare nella sezione I processi e la giurisprudenza

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Le istituzioni e la società civile

Un sistema così compiutamente organizzato e strutturato come l’associazionismo antiracket, le cui basi sono indiscutibilmente state gettate nel corso degli ultimi dieci anni, deve trovare la giusta strada per far risvegliare le coscienze civili oramai sopite, unica strada per una reale rinascita delle nostre terre.
Il sistema legislativo, seppur ancora non perfettamente oliato esiste e necessità di un sempre più forte coordinamento a livello istituzionale essendo strutturato a partire dalle leggi 108/96 e 44/99 istitutive dei fondi di solidarietà ed assistenza alle vittime del racket e dell’usura, cui fanno seguito la L.512 del 1999 e la L.575 del 1965 in tema vittime della mafia e confisca dei beni e misure di prevenzione a carico di mafiosi o presunti tali.
E’ proprio in riferimento alla cit. L.512 del 1999, istitutiva del Comitato di Solidarietà delle Vittime dei reati di tipo mafioso, che rileva quale segno di alta civiltà giuridica, l’impegno che lo Stato assume, in proprio, di risarcire materialmente le vittime di tali reati riservandosi la possibilità di agire sul patrimonio mafioso per la reintegra di quanto pagato, magari incentivando l’uso dei beni confiscati. La vittima del reato non è così posta assurda condizione di dover richiedere il pagamento di quanto liquidato dal giudice con la sentenza di condanna agli esponenti dei sodali camorristici contro cui si è già faticosamente opposta nel corso del procedimento. Punto dolente del su citato meccanismo si sostanzia ad oggi esclusivamente di una eccessiva burocratizzazione dello stesso in questa sede auspicandosene una maggiore celerità nella valutazione e liquidazione delle istanze.
In conclusione l’auspicio è che attraverso un sempre maggior coordinamento tra Istituzioni e Società civile, nonché attraverso una revisione in senso critico e migliorativo dei meccanismi legislativi tesi alla gestione dei beni oggetto di confisca alle mafie ed al risarcimento economico e non solo delle vittime stesse, cresca il numero di imprenditori e comuni cittadini che decidano di denunciare ogni forma di intimidazione ed oppressione esercitata dalla mafia sul territorio poiché questa vive del silenzio e nel silenzio della costante intimidazione.
E’ così che attraverso la denuncia e la rete di assistenza creata da associazioni antiracket operanti sul territorio e società civile, forti della costante presenza dello Stato, interi sodali camorristici hanno visto confiscati i propri beni provento di reato. Reimmessi nel circuito legale potranno essere reimpiegati per contrastare realmente la criminalità organizzata attraverso attività di prevenzione e repressione nonché garantire in tempo reale un totale e doveroso risarcimento del danno alle vittime della mafia.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Il progetto Gestio

Nell’ambito delle attività poste in essere nel corso degli ultimi dieci anni dai professionisti aderenti alla rete di Rete Legale Etica, si presenta una proposta di impostazione operativa in un settore strettamente connesso alle azioni poste in essere dalla Rete a sostegno di cittadini, imprenditori e più in generale della libertà di iniziativa economica privata dal crimine organizzato.
La rete non vuole essere un collettore, una lobby, un canale di intermediazione clientelare ma semplicemente contribuire a creare e gestire dei parametri professionali, ma soprattutto etici e morali, cui uniformare la condotta dei professionisti aderenti nell’espletamento delle funzioni caratterizzanti gli incarichi professionali in tema di gestione di beni sottratti al crimine organizzato, incarichi che vengono acquisiti a titolo personale senza alcuna corresponsione di commissioni o compensi da parte della Rete.
Rete Legale Etica allora, attraverso la creazione di meccanismi di controllo e di adesione del professionista, si pone come garante della condotta etica, morale e strettamente operativa dello stesso restando insindacabili le condizioni poste a fondamento del permanere dei requisiti del professionista.
Rete Legale Etica nel corso degli ultimi dieci anni ha contribuito attivamente attraverso i suoi professionisti alla nascita ed allo sviluppo dell’intero movimento antiracket ed antiusura partenopeo assistendo decine di vittime ed enti in ambito giudiziario, stipulando numerosi protocolli con enti di prestigio come ad esempio il Comune di Napoli, sostenendo campagne attraverso il proprio portale sulle tematiche dell’educazione alimentare in campo minorile e contrasto alle agromafie senza mai venir meno al rispetto dei suoi principi e regole fondanti e del Codice Etico della rete
La tematica su cui la Rete si confronta oggi è quella della gestione dei beni sottratti alla criminalità organizzata e lo fa attraverso il suo Progetto “Gestio” attraverso cui la rete si pone come anello di congiunzione, tra il caos normativo e prassi giudiziali, ed il suo pool di professionisti, avvocati, commercialisti e tecnici al fine di consentire una gestione dei beni sottratti al crimine organizzato non solo corretta sul piano procedurale ma eticamente orientata alla salvaguardia del bene ed alla rottura da schemi e logiche clientelari che ne hanno in parte viziato il percorso di riconversione del bene stesso dal circuito illegale alla restituzione alla collettività e per la collettività.
Di sotto una prooposta di impostazione operativa con le potenzialità che la rete potrebbe porre in campo a sostegno del progetto “Gestio”: professionisti, studi professionali di riferimento aderenti, curricula professionali e sedi operative.

a cura dell’ avv. Motta e dell’ avv. Nello