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Associazioni antiracket e sub-culture criminogene

Attività delle Associazioni antiracket e contrasto ad una sub-cultura criminonega – rapporti con l’associazione di tipo mafioso

Art. 416 bis c.p.: “…l’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per se o per altri … se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo (in una determinata area territoriale) sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto dei delitti … nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono, o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto,il profitto o che ne costituiscono l’impiego …”

L’imprenditore commerciale rappresenta spesso l’occhio sulla strada, in considerazione dello stretto contatto con la gente e con i luoghi in cui esercita la propria attività, a prescindere dalla tipologia. Pagare il pizzo, non denunciare gli estorsori, da così potere alla mafia, la legittima pagando una tassa, in una porzione di territorio dove lo stato sembra più debole. Ma lo Stato può poco senza la collaborazione di chi su quel territorio vive e lavora.
Il controllo acquisito sul territorio ad opera del Clan crea così le condizioni a che l’organizzazione criminale incontrastata viva ed operi nello stesso. Il sodale mafioso più o meno articolato tine le fila dei traffici illeciti ( ad esempio le sostanze stupefacenti) e solo nelle fasi patologiche della propria esistenza addiviene a scontri armati con clan rivali nella propria area di operatività. Tutto è finalizzato ad accumulare immense quantità di capitali, spesso in contanti, con cui contestualmente agire sul territorio di riferimento e fuori viziandone irrimediabilmente il circuito economico sano.
La Mafia è un cancro, e la prima cellula cancerogena si forma proprio attraverso la tacita acquiescenza dell’operatore economico che, forse sotto minaccia altre volte perché protetto accetta di pagare, in tal modo riconoscendo e legittimando il potere del clan sul territorio di riferimento.
L’incessante attività di intelligence e di contrasto armato all’operatività dei Clan non può prescindere da una contestuale e capillare attività di prevenzione attraverso una attenta formazione culturale della coscienza civile. La Mafia è un fenomeno prima di tutto culturale, senza colori politici, che vive di tutto ciò che può creare accumulo di capitali leciti o illeciti. La forza del singolo imprenditore deve pertanto essere ricompresa sotto l’unico vessillo dei movimenti antiracket ed il consumatore indirizzato attraverso un Consumo Critico del proprio denaro. L’imprenditore, non più solo forte dell’appoggio della società civile e dello Stato è così in condizione di affrontare l’arduo cammino teso alla denuncia del reato subito.
Questa è la costante attività posta in essere da associazioni antiracket come S.O.S. IMPRESA, RETE LEGALE ETICA, RETE PER LA LEGALITA’ e molte altre a Napoli e nelle regioni maggiormente a rischio. Attività tese ad informare la vittima del reato della titolarità in capo alla stessa di diritti e non solo di obblighi verso i clan. Attività di prevenzione, informazione, impulso alla denuncia ed assistenza alle vittime di simili episodi delittuosi, finalizzate al ripristino della legalità nella più piena tutela del libero esercizio dell’attività economica.
L’interesse alla costituzione di parte civile è espresso attraverso criteri di collegamento quali l’ambito territoriale di operatività della associazione, in contrapposizione sempre più netta con la contestuale operatività del clan. Questo il primo compito dell’associazione antiracket: stimolare ed incentivare la costituzione, sul territorio regionale e nazionale, di un sempre maggior numero di associazioni di quartiere. L’associazionismo crea associazionismo a tutela della libertà di impresa ed è espressione del rifiuto del fenomeno mafioso da parte della società civile. Lo Stato ha il compito di garantirne la sicurezza.
La crescente presenza e visibilità del movimento antiracket sul territorio è inevitabilmente destinata a destare in maniera sempre più pressante l’interesse del sodale camorristico, che si vede man mano sottratto attraverso il crescente numero di denunce di episodi intimidatori ed estorsivi, il controllo su intere fette di territorio con conseguenti arresti e condanne.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

La questione in diritto

E’ senz’altro pacifico che il danneggiato, cui ai sensi degli artt. 185 e 74 c.p.p. spetta il risarcimento e non necessariamente coincidente con la vittima del reato in senso stretto, è chiunque abbia riportato un danno eziologicamente riferibile all’azione o all’omissione del soggetto attivo del reato (cfr Cass. Pen. Sez. VI, n°10126 del 1997, rv.208820).

In tale ottica gli enti e le associazioni sono legittimati all’azione risarcitoria, anche in sede penale, attraverso la costituzione di parte civile, qualora abbiano riportato dal reato un danno ad un proprio interesse, coincidente con un diritto reale o comunque un diritto soggettivo del sodalizio. Pertanto qualora tale interesse subisca un pregiudizio eziologicamente ricollegabile all’azione od omissione del reo anche il sodalizio patisce un’offesa potendo lamentare un danno non patrimoniale da reato (Cass. VI, n5971990 r.v. 182947).
Il collegamento diretto tra il reato e la lesione del diritto soggettivo vantato è facilmente individuabile nella perdita di terreno nella lotta al racket delle estorsioni subito dalla compagine associativa. Difatti l’attività di informazione e formazione, tesa a far comprendere al singolo imprenditore la necessità di dover sempre denunciare alla competente Autorità tali episodi, in tal modo rompendo il muro di omertà su cui tale attività si fonda, è di fatto seriamente compromessa dal compimento di simili episodi estorsivi. Arduo sarà tornare a “sensibilizzare” chi è costantemente vittima di simili angherie.
La lesione dell’interesse proprio della persona offesa in senso stretto, prodotto da fenomeni quali il racket delle estorsioni ed i reati “satellite” che da questo traggono origine, coincide con quello fatto proprio dal sodalizio, da questo preso a cuore ed assunto nello statuto quale ragione della propria esistenza nonché diritto assoluto ed essenziale dell’associazione stessa. Emergono, pertanto evidenti, i tratti che delineano il diritto soggettivo in capo alla Associazione Antiracket territorialmente competente alla costituzione di parte civile.
E’ la compromissione delle possibilità di attuazione dello scopo sociale, il registrare da parte dei membri dell’associazione stessa una perdita di terreno nella lotta in essere tesa alla prevenzione ed alla tutela del privato dai fenomeni dell’usura e dell’estorsione, che lede il diritto di personalità del singolo socio e del sodalizio nel suo complesso.
Difatti la commissione di reati quali l’usura e l’estorsione, in un ambito territoriale coincidente con quello in cui il sodalizio opera, portavoce dell’associazionismo tra imprenditori, quale unico mezzo per contrastare il fenomeno alla radice, con una capillare attività di contrasto e prevenzione, fa si che l’associazione stessa possa lamentare, in via autonoma, “…un danno non patrimoniale a causa della frustrazione ed afflizione di quanti si erano costituiti in sodalizio per amore di interessi nella cui cura in modo più pieno avevano ritenuto realizzare la propria personalità …” (Cass. Sez. III 13/11/1992)
Gli inequivocabili scopi sociali statutari testimoniano come il danno lamentato coincida con la lesione di un diritto assoluto ed essenziale del sodalizio costituitosi, costituzionalmente tutelato dall’art. 2 Cost.; ne consegue che ogni attentato all’interesse del sodalizio si sostanzia nella lesione del diritto di personalità del sodalizio stesso.
L’Associazione si immedesima nell’interesse perseguito, l’affectio societatis verso l’interesse prescelto è statutariamente determinato. L’associazione svolge un’azione che consente di individuare la sussistenza in capo alla stessa di un diritto soggettivo autonomo che viene leso e frustrato dalla esistenza di simili sodali camorristici.

La sussistenza dei presupposti fondanti la risarcibilità del danno in capo all’associazione si sostanziano nel nesso eziologico corrente tra la condotta criminale degli imputati ed il pregiudizio derivatone all’attività di sensibilizzazione ed impulso alla denuncia quotidianamente svolta dall’associazione nelle sue molteplici azioni sul campo.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Partecipazione attiva della vittima

Partecipazione della vittima al processo e scelte endo-processuali dell’imputato

Il consolidamento di un simile approccio al processo ed alla denuncia nonché una effettiva assistenza della vittima del racket in sede procedimentale è foriero di rilevanti risvolti a livello processuale.
I partecipi di sodali camorristici, come già indicato in precedenza, sono spesso assistiti tecnicamente da ottimi professionisti, in grado di compiere le opportune valutazioni e scelte processuali nell’interesse dei loro assistiti.
Si rileva come, dall’esame della casistica, nei procedimenti in cui le vittime del racket possono usufruire di una difesa tecnica nonché dell’ausilio delle Associazioni Antiracket, rendendo in tal senso descrizioni più precise e ricevendo sin dal primo momento dell’arresto una assistenza legale e non solo a trecentosessanta gradi, i procedimenti sono caratterizzati dal sempre maggiore accesso, da parte degli imputati, a riti cd alternativi al dibattimento, quali ad esempio il rito abbreviato di cui agli artt. 438 s.s. c.p.p.
In conseguenza di tale scelta l’imputato sarà giudicato esclusivamente sulla base degli atti acquisiti sino a quel momento dall’Ufficio del Pubblico Ministero senza il necessario vaglio dibattimentale. Tale rito non prevede la deposizione in aula dell’imprenditore a fronte di uno sconto di pena, ma la possibilità per il Giudice di utilizzare ai fini della decisione la denuncia e gli eventuali riconoscimenti fotografici effettuati dall’imprenditore nell’immediatezza dei fatti.

Scelte difensive di questo tipo, in base alla nostra esperienza, sono quasi sempre motivate dalle aspettative che i difensori degli imputati hanno, ho non hanno, in riferimento all’espletamento dell’istruttoria dibattimentale. La eventuale previsione di una pressoché puntuale conferma da parte dell’imprenditore di quanto deposto in sede di denuncia e qualora la denuncia stessa non lasci margini di incertezza, soprattutto se adeguatamente supportata da ulteriori indagini espletate, farà optare per la maggior parte dei casi per il rito abbreviato.
Si comprende come una simile scelta difensiva, sulla scorta della precisione delle dichiarazioni rese e di una ottima operazione di polizia giudiziaria, comporti una notevole diminuzione per la parte offesa del ruolo che la stessa si troverà a rivestire all’interno della vicenda strettamente processuale. Al contempo è garantita una maggiore celerità del procedimento ed un minimo dispiego di energie da parte di tutti gli attori processuali.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Il ruolo dell’avvocato antiracket

I poteri riconosciuti dal codice di procedura penale alla persona offesa dal reato, successivamente destinata a costituirsi parte civile, sono esercitabili dalla stessa a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale.
La persona offesa assume nel processo una indiscutibile posizione di supporto a quella dell’Ufficio del Pubblico Ministero, ad esempio in procedimenti scaturenti dalla propria denuncia; le facoltà concesse dalla legge vanno in tal senso esercitate essendo di fondamentale importanza una pronta ed attenta assistenza legale sin dal compimento dei primi atti di indagine.
Alla persona offesa viene infatti riconosciuta tutta una fascia di diritti e facoltà a partire dalla fase delle indagini preliminari, poteri di impulso alle indagini, diritto di essere informato sullo stato delle stesse, fino ad opporsi ad eventuali richieste di archiviazione e prima che l’Ufficio del Pubblico Ministero proceda a richiedere l’emissione di misure cautelari e la conseguente richiesta di rinvio a giudizio.
La vittima di usura, estorsione e reati della stessa indole, proprio per il ruolo che assume, deve essere rappresentata in tutte le sedi procedimentali e processuali da un avvocato. Per la particolare tipologia di assistenza di cui la vittima di reati di tal genere necessita, il ruolo difensivo deve essere affidato ad un legale dotato di specifiche competenze in materia.
Il cd. avvocato antiracket, iscritto all’albo ordinario degli avvocati, è chiamato ad esercitare un duplice ruolo: tecnico-giuridico in senso stretto e di contestuale supporto psicologico diventando per vittima del reato il referente di ogni singola istanza, dubbio e paura. Il tutto teso a garantire la genuinità del pilastro accusatorio dibattimentale.
Difatti le dichiarazioni rese dall’imprenditore vittima di richieste estorsive assurgono spesso a prova principe ai fini della condanna degli imputati di concerto con riconoscimenti fotografici compiuti dallo stesso in fase di indagine, in aula o ancor più da un eventuale ricognizione personale disposta dal Tribunale stesso. Ulteriori attività investigative come intercettazioni telefoniche o ambientali, arresto a seguito di operazioni concordate a seguito della denuncia, seppur rilevanti ai fini della condanna spesso fanno da elemento accessorio alle insostituibili dichiarazioni della vittima che, de visu ha subito l’estorsione.
Solo una adeguata assistenza difensiva garantirà la genuinità e trasparenza del vaglio dibattimentale, avente ad oggetto fatti spesso risalenti nel tempo e darà modo alla vittima di affrontare l’intera vicenda con cognizione di causa, conscio dei passi che di volta in volta si accingerà a compiere.
In questo si sostanzia il ruolo fondamentale delle associazioni antiracket e della figura dell’avvocato antiracket le cui sinergie mettono in condizione la vittima di affrontare il percorso processuale con estrema lucidità, garantendo al contempo una deposizione dibattimentale scevra “vuoti di memoria”, spesso dovuti al tempo trascorso e libera da condizionamenti ambientali.
Gli imputati di tali reati sono infatti nella maggior parte dei casi, assistiti da interi collegi difensivi, per usare una espressione forse un po’ colorita “al soldo” degli stessi clan, e che, una volta giunti al dibattimento avranno come unico obbiettivo quello di far emergere nel racconto dell’imprenditore contraddizioni e lacune di memoria tesi a minarne la credibilità, sulla cui solidità spesso si fonda l’intero impianto accusatorio del pubblico ministero.
La testimonianza così resa dalla persona offesa ha quasi sempre ad oggetto fatti risalenti nel tempo, spesso articolati e relativi a più imputati nel medesimo procedimento, si da essere facilmente sottoposti al contro esame dei collegi difensivi nel rispetto delle garanzie processuali degli imputati stessi, che se non adeguatamente chiarite, potrebbero porre in discussione la prova principe dell’intero procedimento penale, le credibilità ed attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa.
Questa atipica figura di legale, ha scelto così in via definitiva di patrocinare esclusivamente vittime dei reati di tipo mafioso conseguentemente maturando sul campo una concreta incompatibilità alla assistenza di imputati in reati connessi e della medesima tipologia.
Tornando infatti alla deposizione resa dal nostro imprenditore tipo, narrata in via esemplificativa, è di facile comprensione capire quanta rilevanza assuma nella fase pre-dibattimentale, prima di essere cioè ascoltato dal pubblico ministero, il contatto necessario tra imprenditore ed avvocato antiracket.

Se la testimonianza in Tribunale in alcuni casi rappresenta così il cuore del processo, la denuncia della vittima del racket è spesso il presupposto dell’intera azione penale, cui spetta dar seguito all’ufficio del Pubblico Ministero attraverso il compimento di ulteriori atti di indagine. Tanto più complesse e dettagliate sono le ulteriori indagini a completamento, integrazione nonché riscontro della denuncia resa dall’imprenditore, tanto minore sarà lo sforzo in sede processuale richiesto alla vittima del reato ai fini di un sereno accertamento dei fatti.
Ecco come l’avvocato antiracket, di concerto con l’associazione antiracket, costituisce spesso l’interfaccia tra la vittima del reato e la Procura della Repubblica; è colui, che in veste di privato e di uomo prima, in veste di tecnico del diritto poi, presta assistenza ad operatori economici spesso angosciati e stremati dalle umiliazioni subite sino al momento della denuncia.
Gli incontri tra l’imprenditore ed il proprio avvocato sono così finalizzati a rasserenare lo stesso nell’ottica del futuro esame dibattimentale al contempo ripercorrendo, carte alla mano, l’intera vicenda da lui vissuta rendendolo edotto delle modalità con sui l’esame stesso sarà condotto, in considerazione del fatto che nella maggior parte dei casi la parte offesa stessa non ha mai varcato la soglia dell’aula di Giustizia.
Il Pubblico Ministero potrà in tal modo procedere all’esame di una parte privata, la persona offesa costituita parte civile, addivenendo nella maggior parte dei casi ad una testimonianza lineare e coerente.
L’avvocato antiracket opera pertanto dietro le quinte e spesso al di fuori del “teatrino” processuale creando i presupposti logici e di fatto tesi ad una deposizione logica e coerente ai fatti come realmente accaduti. La deposizione dell’imprenditore in aula è certamente uno dei momenti più critici, ma al contempo liberatori, dell’intera vicenda processuale.
A questo si deve aggiungere come non siano mancati, perché processualmente provati, episodi in cui le vittime stesse siano state oggetto di atti di intimidazione al fine di addivenire alla ritrattazione di quanto esposto in sede di denuncia.
Ecco il ruolo fondamentale dell’avvocato antiracket, tecnico del diritto e sensibile uditore delle paure, delle ansie e delle istanze di chi ha deciso di opporsi alla violenza dei clan, pronto in tal senso ad interfacciarsi direttamente con l’Ufficio della procura procedente per segnalare, in considerazione della tipologia dei reati per cui si procede, eventuali atti “intimidatori” posti in essere in danno della persona offesa nella fase antecedente l’escussione dibattimentale.
Questo a volte complesso sistema di relazioni tra Uffici della Procura, dirigenti delle Associazioni Antiracket e avvocato antiracket, mira così a garantire la persona offesa da qualsivoglia pressione psicologica o “criminale” che dovesse intervenire dalla fase della denuncia a quella della definizione dell’intero procedimento penale.
Il ruolo dell’avvocato antiracket è in tal senso supportato dal lavoro costante dei dirigenti delle Associazioni Antiracket, referenti anche politici ma ancor prima uomini capaci di ingenerare nella persona offesa la sicurezza che qualsiasi atto intimidatorio, qualsiasi segnale proveniente da chi si è reso reo di simili misfatti, non potrà che aggravare la propria posizione processuale, stante il filo diretto oramai esistente tra vittima, avvocato, associazione e Procura della Repubblica.
Questo è il chiaro messaggio diretto ad estorsori e sodali camorristici: l’imprenditore che denuncia non è più solo – è in una rete – che lo supporta nell’arco dell’intero procedimento garantendone così affidabilità e sicurezza.
L’avvocato antiracket da canto suo è un libero professionista che ha scelto, scelto di stare dalla parte di coloro che hanno subito la violenza e l’intimidazione del potere mafioso e camorristico. Imprenditori, commercianti, persone che da anni vivono e convivono in realtà come quelle di Napoli e provincia, dove la camorra non è un concetto astratto e lontano, ma un modo di pensare, di essere, i cui retaggi sottoculturali sono difficili da sconfiggere e dove la linea di confine tra il subire intimidazioni e prestare acquiescenza perché conniventi è molto sottile.
Questa scelta di parte non è scevra da problematiche. La preparazione tecnica del penalista garantisce una adeguata assistenza alla vittima del racket sia in fase di indagine che processuale. Al contempo la cultura stessa del penalista non consentirebbe di distinguere tra persone offese e loro aguzzini, in omaggio al principio del diritto inviolabile di difesa garantito costituzionalmente.

Nel prestare assistenza alle vittime del racket la scelta è d’obbligo, non esistono vie di mezzo, l’avvocato antiracket oltre a rappresentare la persona offesa e se stesso è parte di un movimento, parte di una cultura antagonista all’illegalità in cui le mafie operano ed in questo movimento ha scelto di operare ponendo al suo servizio la propria professionalità ed esperienza.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Esperienza di avanguardia

Una esperienza d’avanguardia
L’associazionismo antiracket sorto in Sicilia oltre venti anni fa, è nato e sperimentato in Campania solo da pochi anni, nuovi meccanismi, l’assistenza alle vittime di estorsione ed usura, una sempre farraginosa macchina burocratica che dovrebbe in tempo reale assicurare i risarcimenti alle vittime della mafia, fanno dell’associazionismo antiracket e del suo modo di opporsi fuori e dentro al processo una esperienza indiscutibilmente di avanguardia ed in aperto contrasto a consorterie criminali in possesso di enormi patrimoni.
Al contrario l’esperienza dell’associazionismo antiracket è ad oggi spesso legata a labili finanziamenti regionali, provinciali o comunali, che mettono in condizione gli operatori del settore di lavorare sempre in uno stato di continua precarietà in bilico tra militanza e volontariato, di certo al di sotto delle potenzialità che il fenomeno potrebbe esprimere e manifestare.
Decidere di assistere una vittima del racket, implica la necessità di possedere sul campo un forte consenso popolare. Il consenso si ottiene attraverso la creazioni di sedi, attraverso l’assunzione di personale, attraverso una continua campagna in favore della legalità, garantendo al contempo la sicurezza personale di vittime ed operatori. Questo richiede risorse economiche stabili. Due sono le alternative: la istituzionalizzazione delle associazioni antiracket o la possibilità per le stesse di ottenere con immediatezza dallo stato i risarcimenti riconosciuti dalle sentenze dei giudici di merito.
Tra mille difficoltà date dalla precarietà con cui sono spesso costrette a sopravvivere ad oggi ed in riferimento alla sola regione Campania questi sono i dati salienti della contrasto ad attività di estorsione ed usura – si tiene a precisare come i dati indicati siano relativi ai procedimenti di maggiore rilevanza ed a decorrere dal 01.01.05 – da consultare nella sezione I processi e la giurisprudenza

a cura dell’ avv. Alfredo Nello