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Partecipazione attiva della vittima

Partecipazione della vittima al processo e scelte endo-processuali dell’imputato

Il consolidamento di un simile approccio al processo ed alla denuncia nonché una effettiva assistenza della vittima del racket in sede procedimentale è foriero di rilevanti risvolti a livello processuale.
I partecipi di sodali camorristici, come già indicato in precedenza, sono spesso assistiti tecnicamente da ottimi professionisti, in grado di compiere le opportune valutazioni e scelte processuali nell’interesse dei loro assistiti.
Si rileva come, dall’esame della casistica, nei procedimenti in cui le vittime del racket possono usufruire di una difesa tecnica nonché dell’ausilio delle Associazioni Antiracket, rendendo in tal senso descrizioni più precise e ricevendo sin dal primo momento dell’arresto una assistenza legale e non solo a trecentosessanta gradi, i procedimenti sono caratterizzati dal sempre maggiore accesso, da parte degli imputati, a riti cd alternativi al dibattimento, quali ad esempio il rito abbreviato di cui agli artt. 438 s.s. c.p.p.
In conseguenza di tale scelta l’imputato sarà giudicato esclusivamente sulla base degli atti acquisiti sino a quel momento dall’Ufficio del Pubblico Ministero senza il necessario vaglio dibattimentale. Tale rito non prevede la deposizione in aula dell’imprenditore a fronte di uno sconto di pena, ma la possibilità per il Giudice di utilizzare ai fini della decisione la denuncia e gli eventuali riconoscimenti fotografici effettuati dall’imprenditore nell’immediatezza dei fatti.

Scelte difensive di questo tipo, in base alla nostra esperienza, sono quasi sempre motivate dalle aspettative che i difensori degli imputati hanno, ho non hanno, in riferimento all’espletamento dell’istruttoria dibattimentale. La eventuale previsione di una pressoché puntuale conferma da parte dell’imprenditore di quanto deposto in sede di denuncia e qualora la denuncia stessa non lasci margini di incertezza, soprattutto se adeguatamente supportata da ulteriori indagini espletate, farà optare per la maggior parte dei casi per il rito abbreviato.
Si comprende come una simile scelta difensiva, sulla scorta della precisione delle dichiarazioni rese e di una ottima operazione di polizia giudiziaria, comporti una notevole diminuzione per la parte offesa del ruolo che la stessa si troverà a rivestire all’interno della vicenda strettamente processuale. Al contempo è garantita una maggiore celerità del procedimento ed un minimo dispiego di energie da parte di tutti gli attori processuali.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Assistenza giudiziale alle vittime di estorsione

La necessità di una adeguata assistenza alla vittima di estorsione
Rilevanza penale della denuncia

Ventiquattro aprile duemilasette – aula dibattimento presso il Tribunale di Napoli – è in corso l’audizione di un imprenditore difeso e rappresentato da un avvocato antiracket la cui attività professionale è prestata prevalentemente in favore di soggetti vittime di reati quali usura, estorsione e concussione. Costituite parti civili accanto all’imprenditore e rappresentate dal medesimo legale il Coordinamento Napoletano delle Associazioni Antiracket e la FAI.
L’imprenditore ha avuto il coraggio di denunciare i suoi estorsori mettendo così a nudo oltre dieci anni di soprusi ed angherie che hanno portato la sua impresa sull’orlo del fallimento. Oggi i suoi estorsori sono presenti in aula ed ascoltano l’esame dell’imprenditore condotto dal Pubblico Ministero:

PM – sempre in quel periodo grossomodo, nel ’00, ’01 la sua azienda aveva ulteriori cantieri a via … e Piazza …?
DICH – Si.
PM – di che tipo di lavoro si trattava?
DICH – Fabbricati.
PM – lei anche per questi lavori ha denunciato di aver avuto richieste di denaro, vuole raccontare al Tribunale di che tipo di richieste si trattava e da parte di chi le ha ricevute?
DICH – La stessa cosa di sempre – non mi ero presentato a chi di dovere, non conoscevo nessuno, io stavo prendendo un gelato al bar cavallo a Piazza …… dove lavoravo venne uno alle spalle e disse: “adesso ti dovrei sparare nelle gambe”, “perché cosa ho fatto?”, perché non vi siete presentati a chi di dovere”, ma a chi mi devo presentare? Dove devo andare? Chi sono?qua vengono tanta gente che cercano qualcosa”. Dissero: “adesso va da quella persona che sta nel giardinetto a pochi metri, lui ti accompagna dove devi andare”, “ e mi portarono…”
PM – con quante persone lei si incontrò?
DICH – uno stava ai giardinetti ed uno stava più distante nelle macchine, “vieni con noi, ti portiamo noi” – “ma dove?” – “non ti preoccupare” – allora vengo con la mia macchina?” – “Si fai bene” – e sono andato a …, verso …, ho sostato la macchina e mi hanno fatto salire a casa in un palazzo…
PM – le dissero dove la stavano conducendo?
DICH – ho visto il palazzo
PM – loro le dissero dove la stavano portando?
DICH – Io camminavo dietro con la macchina e loro camminavano con la macchina avanti e un altro indietro. Mi portavano in un palazzo …
PM – ma lei non chiese dove stiamo andando?
DICH – loro mi dissero che mi portavano da chi dovevamo parlare per la situazione.
PM – chi era questa persona da cui dovevate andare a parlare?
DICH – quando sono entrato nel palazzo, ho visto una persona alta, snella con i capelli lunghi che si chiamava, lo chiamavano di soprannome … e poi dopo, domandando, mi disse che si chiamava …
PM – lei riconobbe in fotografia questa persona?
DICH – Si anche dai Carabinieri
PM – che cosa accadde durante quest’incontro?
DICH – “Accomodati, so che sei un bravo ragazzo…so che stai facendo un lavoro qua e là”
PM – a quale lavoro fece riferimento?
DICH – Via … e P.zza …, a … sempre. Devi pagare, mi avete fatto fare tutte queste cose, mi volete sparare nelle gambe, perché si usa così, uno deve lavorare, lui disse: DICH – Si, continuai i lavori e in una settimana portai ed in un’altra settimana portai altri sei milioni.
PM – Dove li portò?
DICH – A casa sua in via …
PM – sarebbe in grado di riconoscere l’imputato oggi?
DICH – Si è il primo con gli occhiali.
PM – Lei poi ha denunciato analoghi episodi, in relazione ad un cantiere sito in via …
DICH – Si.
PM – Vuole dire al Tribunale che cosa accadde?
DICH – Venne un certo …, che non era il suo nome…
PM – Come si chiamava?
DICH – Si chiamava …
PM – Lei lo riconobbe anche in foto?
DICH – Si. Sta qua nella gabbia.
PM – Vuole indicare quali delle persone presenti nella gabbia corrisponde al Signor …?
DICH – E’ il terzo, uno due e tre.
PM – che tipo di lavoro stava svolgendo?
DICH – sempre intonacatura e pitturazione del palazzo
PM – a quanto ammontavano questi lavori?
DICH – a duecento e dispari milioni omissis
PM – a quest’incontro con queste tre persone lei si recò da solo?
DICH – stavo con mio figlio, io gli dissi di non venire, ma lui è venuto
PM – cosa accadde in questa occasione?
DICH – mi minacciarono
PM – con quali modalità e con che parole la minacciarono?
DICH – che dovevo pagare il Pizzo, perché sempre siamo della zona, non vi siete presentati. Io dissi che non mi presentavo a nessuno perché non sapevo dove presentarmi, mi dissero: Ci devi dare i soldi” mi fecero una richiesta di più di 10 milioni ed io dissi che ne potevo dare al massimo 5, così siamo rimasti a cinque milioni che portai la settimana dopo in contanti…
PM – in tutte queste occasioni in cui incontrò queste persone, le fu mai prospettato nel caso in cui si fosse rifiutato di pagare?
DICH – e come si può dottore
PM – cosa poteva accadere a lei o alla azienda?
DICH – Si, a me mi rubavano nell’azienda…
PM – non le sto chiedendo se rubavano, le sto chiedendo se da parte di queste persone le fu prospettata qualcosa in relazione alla eventualità che lei omettesse di consegnare queste somme di denaro?
DICH – Io consegnavo, io stavo male, perché poi ci dovevamo riprendere da questo episodio, dai soldi che pagavamo, perché alla fine del mese non c’erano soldi ed andavamo in banca a prendere soldi in prestito …
PM – Nel corso di questi incontri le fu richiesto di sospendere i lavori?
DICH – Prima di dare i soldi si, si perdeva una giornata di cinque o sei operai, tre o quattro di la ed erano milioni che si perdevano … purtroppo gli operai non lavoravano, a volte anche il giorno dopo perché avevano paura
PM – lei successivamente li riconobbe in fotografia?
DICH – Si.
PM – Sarebbe in grado di riconoscerli anche oggi in quest’aula?
DICH – Eccolo qua, con la maglia rosa
PM– come si chiama?
DICH – Si chiama…
AVV. ANTIRACKET– avete documentato in qualche modo questi pagamenti?
DICH – si ce li abbiamo tutti scritti dentro un libro paga … perché erano pagamenti tutti richiesti in contanti da loro e l’amministratore della società li iscriveva tutti quanti sul libro paga; questo libro paga ce l’ha il tribunale perché l’abbiamo consegnato ai Carabinieri…
AVV.ANTIRACKET – perché avete denunciato?
DICH – Quando alla fine del mese non arrivano i soldi per pagare e le banche non ti danno i prestiti … io non ho denunciato solo queste persone qua, ho denunciato una serie di persone cattive, per un ammontare di 250 milioni un po’ alla volta, pensate in tanti anni, dieci milioni alla volta, cinque milioni, non potevo andare in ferie, non avevo la macchina, non si poteva aggiustare niente, non si poteva fare un regalo perché uscivano milioni come niente fosse …
AVV. ANTIRACKET – dopo aver denunciato siete stati assistiti dall’associazione antiracket?
DICH – Si. Mi hanno assistito
AVV.ANTIRACKET – dopo aver denunciato avete subito episodi di ritorsione o minacce
DICH. – No. Assolutamente,

Riflessioni: ecco cosa significa denunciare il racket ed assistere in giudizio le vittime.
La prima cosa che impressiona, alla lettura di queste semplici battute, è la lucidità e la determinazione dell’imprenditore, seppur decisamente oltre la soglia dei settanta anni: analitica descrizione dei fatti e dettagliata individuazione in aula degli autori dei singoli episodi delittuosi.
L’imprenditore della nostra storia, ha in tal modo contribuito in modo rilevante ad assicurare alla giustizia con conseguente condanna alle pene di legge previste per i reati di estorsione aggravata finalizzata ad agevolare l’associazione camorristica di appartenenza, oltre 20 imputati. Il tutto semplicemente attraverso la denuncia operata presso il Comando dei Carabinieri, ma soprattutto attraverso la conferma delle dichiarazioni rese nell’aula del Tribunale.
Lo stesso imprenditore oggi ha smesso di “mettersi a posto con i clan” e tramite la consulenza delle associazioni antiracket stesse ha avuto accesso ai benefici di cui alla legge n°44 del 1999 nonché richiesto al Fondo di rotazione per le vittime della mafia di cui alla L.512 del 1999 il pagamento del risarcimento cui i suoi estorsori sono stati condannati.
Il rito ordinario, quello il cui stralcio delle dichiarazioni è stato su riportato al fine di far comprendere cosa significa – denunciare il racket – e cosa significa – assistere una vittima del racket, si è concluso con la condanna di tutti gli imputati a complessivi 120 anni di carcere nonché al risarcimento del danno patito dalla persona offesa con contestuale liquidazione di una provvisionale. Lo stesso dicasi per le associazioni antiracket costituite che hanno visto riconosciuto il danno richiesto.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

Il ruolo dell’avvocato antiracket

I poteri riconosciuti dal codice di procedura penale alla persona offesa dal reato, successivamente destinata a costituirsi parte civile, sono esercitabili dalla stessa a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale.
La persona offesa assume nel processo una indiscutibile posizione di supporto a quella dell’Ufficio del Pubblico Ministero, ad esempio in procedimenti scaturenti dalla propria denuncia; le facoltà concesse dalla legge vanno in tal senso esercitate essendo di fondamentale importanza una pronta ed attenta assistenza legale sin dal compimento dei primi atti di indagine.
Alla persona offesa viene infatti riconosciuta tutta una fascia di diritti e facoltà a partire dalla fase delle indagini preliminari, poteri di impulso alle indagini, diritto di essere informato sullo stato delle stesse, fino ad opporsi ad eventuali richieste di archiviazione e prima che l’Ufficio del Pubblico Ministero proceda a richiedere l’emissione di misure cautelari e la conseguente richiesta di rinvio a giudizio.
La vittima di usura, estorsione e reati della stessa indole, proprio per il ruolo che assume, deve essere rappresentata in tutte le sedi procedimentali e processuali da un avvocato. Per la particolare tipologia di assistenza di cui la vittima di reati di tal genere necessita, il ruolo difensivo deve essere affidato ad un legale dotato di specifiche competenze in materia.
Il cd. avvocato antiracket, iscritto all’albo ordinario degli avvocati, è chiamato ad esercitare un duplice ruolo: tecnico-giuridico in senso stretto e di contestuale supporto psicologico diventando per vittima del reato il referente di ogni singola istanza, dubbio e paura. Il tutto teso a garantire la genuinità del pilastro accusatorio dibattimentale.
Difatti le dichiarazioni rese dall’imprenditore vittima di richieste estorsive assurgono spesso a prova principe ai fini della condanna degli imputati di concerto con riconoscimenti fotografici compiuti dallo stesso in fase di indagine, in aula o ancor più da un eventuale ricognizione personale disposta dal Tribunale stesso. Ulteriori attività investigative come intercettazioni telefoniche o ambientali, arresto a seguito di operazioni concordate a seguito della denuncia, seppur rilevanti ai fini della condanna spesso fanno da elemento accessorio alle insostituibili dichiarazioni della vittima che, de visu ha subito l’estorsione.
Solo una adeguata assistenza difensiva garantirà la genuinità e trasparenza del vaglio dibattimentale, avente ad oggetto fatti spesso risalenti nel tempo e darà modo alla vittima di affrontare l’intera vicenda con cognizione di causa, conscio dei passi che di volta in volta si accingerà a compiere.
In questo si sostanzia il ruolo fondamentale delle associazioni antiracket e della figura dell’avvocato antiracket le cui sinergie mettono in condizione la vittima di affrontare il percorso processuale con estrema lucidità, garantendo al contempo una deposizione dibattimentale scevra “vuoti di memoria”, spesso dovuti al tempo trascorso e libera da condizionamenti ambientali.
Gli imputati di tali reati sono infatti nella maggior parte dei casi, assistiti da interi collegi difensivi, per usare una espressione forse un po’ colorita “al soldo” degli stessi clan, e che, una volta giunti al dibattimento avranno come unico obbiettivo quello di far emergere nel racconto dell’imprenditore contraddizioni e lacune di memoria tesi a minarne la credibilità, sulla cui solidità spesso si fonda l’intero impianto accusatorio del pubblico ministero.
La testimonianza così resa dalla persona offesa ha quasi sempre ad oggetto fatti risalenti nel tempo, spesso articolati e relativi a più imputati nel medesimo procedimento, si da essere facilmente sottoposti al contro esame dei collegi difensivi nel rispetto delle garanzie processuali degli imputati stessi, che se non adeguatamente chiarite, potrebbero porre in discussione la prova principe dell’intero procedimento penale, le credibilità ed attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa.
Questa atipica figura di legale, ha scelto così in via definitiva di patrocinare esclusivamente vittime dei reati di tipo mafioso conseguentemente maturando sul campo una concreta incompatibilità alla assistenza di imputati in reati connessi e della medesima tipologia.
Tornando infatti alla deposizione resa dal nostro imprenditore tipo, narrata in via esemplificativa, è di facile comprensione capire quanta rilevanza assuma nella fase pre-dibattimentale, prima di essere cioè ascoltato dal pubblico ministero, il contatto necessario tra imprenditore ed avvocato antiracket.

Se la testimonianza in Tribunale in alcuni casi rappresenta così il cuore del processo, la denuncia della vittima del racket è spesso il presupposto dell’intera azione penale, cui spetta dar seguito all’ufficio del Pubblico Ministero attraverso il compimento di ulteriori atti di indagine. Tanto più complesse e dettagliate sono le ulteriori indagini a completamento, integrazione nonché riscontro della denuncia resa dall’imprenditore, tanto minore sarà lo sforzo in sede processuale richiesto alla vittima del reato ai fini di un sereno accertamento dei fatti.
Ecco come l’avvocato antiracket, di concerto con l’associazione antiracket, costituisce spesso l’interfaccia tra la vittima del reato e la Procura della Repubblica; è colui, che in veste di privato e di uomo prima, in veste di tecnico del diritto poi, presta assistenza ad operatori economici spesso angosciati e stremati dalle umiliazioni subite sino al momento della denuncia.
Gli incontri tra l’imprenditore ed il proprio avvocato sono così finalizzati a rasserenare lo stesso nell’ottica del futuro esame dibattimentale al contempo ripercorrendo, carte alla mano, l’intera vicenda da lui vissuta rendendolo edotto delle modalità con sui l’esame stesso sarà condotto, in considerazione del fatto che nella maggior parte dei casi la parte offesa stessa non ha mai varcato la soglia dell’aula di Giustizia.
Il Pubblico Ministero potrà in tal modo procedere all’esame di una parte privata, la persona offesa costituita parte civile, addivenendo nella maggior parte dei casi ad una testimonianza lineare e coerente.
L’avvocato antiracket opera pertanto dietro le quinte e spesso al di fuori del “teatrino” processuale creando i presupposti logici e di fatto tesi ad una deposizione logica e coerente ai fatti come realmente accaduti. La deposizione dell’imprenditore in aula è certamente uno dei momenti più critici, ma al contempo liberatori, dell’intera vicenda processuale.
A questo si deve aggiungere come non siano mancati, perché processualmente provati, episodi in cui le vittime stesse siano state oggetto di atti di intimidazione al fine di addivenire alla ritrattazione di quanto esposto in sede di denuncia.
Ecco il ruolo fondamentale dell’avvocato antiracket, tecnico del diritto e sensibile uditore delle paure, delle ansie e delle istanze di chi ha deciso di opporsi alla violenza dei clan, pronto in tal senso ad interfacciarsi direttamente con l’Ufficio della procura procedente per segnalare, in considerazione della tipologia dei reati per cui si procede, eventuali atti “intimidatori” posti in essere in danno della persona offesa nella fase antecedente l’escussione dibattimentale.
Questo a volte complesso sistema di relazioni tra Uffici della Procura, dirigenti delle Associazioni Antiracket e avvocato antiracket, mira così a garantire la persona offesa da qualsivoglia pressione psicologica o “criminale” che dovesse intervenire dalla fase della denuncia a quella della definizione dell’intero procedimento penale.
Il ruolo dell’avvocato antiracket è in tal senso supportato dal lavoro costante dei dirigenti delle Associazioni Antiracket, referenti anche politici ma ancor prima uomini capaci di ingenerare nella persona offesa la sicurezza che qualsiasi atto intimidatorio, qualsiasi segnale proveniente da chi si è reso reo di simili misfatti, non potrà che aggravare la propria posizione processuale, stante il filo diretto oramai esistente tra vittima, avvocato, associazione e Procura della Repubblica.
Questo è il chiaro messaggio diretto ad estorsori e sodali camorristici: l’imprenditore che denuncia non è più solo – è in una rete – che lo supporta nell’arco dell’intero procedimento garantendone così affidabilità e sicurezza.
L’avvocato antiracket da canto suo è un libero professionista che ha scelto, scelto di stare dalla parte di coloro che hanno subito la violenza e l’intimidazione del potere mafioso e camorristico. Imprenditori, commercianti, persone che da anni vivono e convivono in realtà come quelle di Napoli e provincia, dove la camorra non è un concetto astratto e lontano, ma un modo di pensare, di essere, i cui retaggi sottoculturali sono difficili da sconfiggere e dove la linea di confine tra il subire intimidazioni e prestare acquiescenza perché conniventi è molto sottile.
Questa scelta di parte non è scevra da problematiche. La preparazione tecnica del penalista garantisce una adeguata assistenza alla vittima del racket sia in fase di indagine che processuale. Al contempo la cultura stessa del penalista non consentirebbe di distinguere tra persone offese e loro aguzzini, in omaggio al principio del diritto inviolabile di difesa garantito costituzionalmente.

Nel prestare assistenza alle vittime del racket la scelta è d’obbligo, non esistono vie di mezzo, l’avvocato antiracket oltre a rappresentare la persona offesa e se stesso è parte di un movimento, parte di una cultura antagonista all’illegalità in cui le mafie operano ed in questo movimento ha scelto di operare ponendo al suo servizio la propria professionalità ed esperienza.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello

La vittima del reato ed il mero danneggiato

Il codice di procedura penale, pur prevedendo una dettagliata normativa in riferimento ai poteri attribuiti alla persona offesa dal reato, non ne offre una definizione. La stessa può comunque essere identificata con il soggetto che subisce il danno al bene giuridico protetto dalla norma penale a causa della aggressione posta in essere dall’autore del reato. Nel caso di nostra spettanza colui che materialmente subisce l’estorsione con conseguente danno patrimoniale e non patrimoniale economicamente valutabile.
Diverso è il concetto di persona danneggiata dal reato. Lo stesso coincide con chiunque debba sopportare un pregiudizio di natura patrimoniale o non patrimoniale, ma sempre economicamente apprezzabile, in ragione del fatto reato altrui.
E’ stato così creato un sistema in cui convivono la persona offesa ed il danneggiato da reato con diversi poteri e diritti in considerazione anche della fase procedimentale o processuale in cui ci si trova. Il mero danneggiato dal reato (per intenderci l’associazione antiracket o il Comune) avrà diritto ad agire e diverrà formalmente parte del processo solo a seguito della costituzione in giudizio.
La persona offesa al contrario, diverrà anch’essa parte processuale solo con la costituzione in giudizio, ma alla stessa sono attribuite tutta una serie di diritti e facoltà durante la fase delle indagini preliminari fino alla notifica del decreto di fissazione dell’udienza preliminare – avviso cui il danneggiato dal reato non ha diritto.
In tal senso il diritto alla costituzione di parte civile all’interno del processo penale è riconosciuto ai sensi dell’art. 74 c.p.p. al soggetto danneggiato dal reato in tal modo ricomprendendo in tale categoria sia la persona offesa dal reato in senso tecnico che il danneggiato in senso lato. Certamente il codice, pur riconoscendo ad entrambi la facoltà di costituirsi parte civile ne attua una diversa regolamentazione dei poteri procedimentali essendo nel soggetto persona offesa dal reato indiscutibilmente presente l’interesse del privato alla persecuzione penale del reo.
Basti pensare all’obbligo sussistente in capo all’Ufficio del Pubblico Ministero ai sensi del combinato disposto dell’art 369 c.p.p., che prevede la notifica della informazione di garanzia anche alla persona offesa dal reato e dell’art. 417 lett. a c.p.p. che prevede come requisito della richiesta di rinvio a giudizio l’indicazione delle generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l’identificazione. Poteri non riconosciuti al mero danneggiato dal reato essendo lo stesso non definibile aprioristicamente in considerazione delle diverse tipologie di reati.
E’ proprio infatti in considerazione dei reati oggetto del presente lavoro che assume una particolare rilevanza questa distinzione. Il reato di estorsione, commesso ai danni di un imprenditore e con le finalità di agevolare una associazione a delinquere di stampo camorristico, vedrà quale persona offesa in senso tecnico l’imprenditore, il commerciante che è materialmente considerata la vittima del reato. Contestualmente creerà un danno alle attività commerciali ed all’immagine della città facendo sorgere un diritto al risarcimento del danno agli enti territoriali Comune, Provincia e Regione nonché alle Associazioni Antiracket, enti privati seppur dotati di un riconoscimento pubblico attraverso l’avallo prefettizio.

a cura dell’ avv. Alfredo Nello