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I reati agroalimentari

Da un punto di vista statistico, circa un terzo dei reati contro i consumatori si consumano nell’ambito del commercio di prodotti agroalimentari.
La distribuzione geografica della relativa casistica sull’intero territorio nazionale appare tutt’altro che omogenea, essendo concentrata in alcune aree, precisamente quelle con una storia imprenditoriale in questo settore merceologico oppure quelle in cui la spesa alimentare incide sul reddito familiare in misura percentualmente più rilevante.
Esemplare, in tal senso, è il caso del circondario del Tribunale di Nocera Inferiore (SA), nel quale si manifestano entrambe le sintomatologie sopra citate, a cominciare dalla storica presenza delle aziende della filiera di quello che un tempo veniva definito “oro rosso” (il pomodoro).
Oltre al potenziale intreccio eziologico, i reati in materia agroalimentare presentano un costante intreccio tra due diritti collettivi violati:
1. quello alla salute, che è un diritto costituzionale (art. 32);
2. quello alla sicurezza e qualità dei prodotti, che è un diritto commerciale (art. 2, comma 2°, codice del consumo).
A ben vedere, sono danneggiati anche altri diritti commerciali collettivi, riconosciuti dal citato art. 2, comma 2°, tra i quali quelli all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà e alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali.
La circostanza che tale tipologia di reati leda un diritto addirittura costituzionale (sostanzialmente fuso nelle fattispecie con un diritto di rango inferiore), determina una importante conseguenza pratica: i reati che si consumano nell’ambito del commercio di prodotti agroalimentari sono i reati più dannosi per i consumatori.
La casistica sui reati in materia di prodotti agroalimentari, oltre ad essere quantitativamente consistente, è anche qualitativamente eterogenea, investendo un’ampia classe di reati, a partire proprio da quello che abbiamo citato all’inizio del nostro viaggio nel mondo dei reati contro i consumatori: la vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione igienico-sanitario (Legge 30 aprile 1962, n. 283, articoli 5 e 6).
Il signor P.V., per esempio, commise tale reato, perché esercitava la professione di panificatore senza alcuna autorizzazione e, per giunta, utilizzando legna rivestita di vernice come combustibile per il suo forno; il Tribunale di Napoli, Sezione I Penale, G.M. dottor Di Marzio, con la sentenza del 7 gennaio 2010, lo ha condannato (anche) a risarcire i danni all’associazione di consumatori X, costituitasi parte civile.
Possiamo dunque affermare che quel reato, previsto e punito da una legge del 1962, soltanto dal 2010 è stato riconosciuto come reato contro i consumatori.
Peraltro, statisticamente nella maggior parte dei casi quel reato viene punito (non attraverso un processo, ma) attraverso un decreto penale di condanna (art. 459 e ss. c.p.p.), nel quale, com’è noto, non esiste condanna civile.
Vediamo più precisamente cosa accade in pratica, proprio partendo dall’esempio citato.
Come tutti i panificatori, autorizzati o abusivi, il signor P.V. lavorava di notte, ma, a differenza di quelli in regola con la legge, il suo forno produceva un tale inquinamento, acustico e ambientale (quest’ultimo tramite il camino), da aver provocato la reazione di alcuni cittadini, residenti nella zona, i quali avevano allertato i Carabinieri; quest’ultimi, intervenuti attraverso il reparto NAS, avevano denunciato P.V. e, successivamente, assunto la veste di testimoni nel processo.
In questo caso, la notizia di reato è stata la denuncia dei Carabinieri, ma esistono anche altre fonti che denunciano – più o meno quotidianamente – violazioni della Legge 283/62: la Polizia municipale (o comunque locale) e gli ispettori delle Aziende Sanitarie Locali.
Una volta registrate nelle Procure, queste notizie di reato possono imboccare due strade alternative: il decreto penale di condanna oppure la citazione diretta (art. 555 c.p.p.).
Si determina, così, una situazione paradossale, perché lo stesso reato nel primo caso non può mai essere considerato un reato contro i consumatori, mentre nel secondo caso lo può diventare, ma solo a condizione che nel processo si costituisca parte civile un’associazione di consumatori.
Peraltro, una parte della giurisprudenza considera quello un reato di pericolo e non un reato di danno, come se il sequestro fosse effettuato all’atto dell’inaugurazione dell’esercizio commerciale e non, come avviene effettivamente e almeno di regola, dopo che il commerciante ha già provveduto a vendere prodotti in cattivo stato di conservazione a ignari consumatori, nei confronti dei quali il danno emergerà dopo l’assunzione del prodotto (consideriamola, questa, una presunzione iuris et de iure) .
Come che sia, sottraendo la “tara”, cioè calcolando i soli casi in cui vi sia stata citazione diretta, s’impongono due considerazioni:
1. da un punto di vista quantitativo, questi casi sono comunque numerosi;
2. da un punto di vista qualitativo, nell’ambito della categoria dei reati in materia di commercio di prodotti agroalimentari, questi processi non sono quelli più significativi.
I processi più significativi, infatti, possono essere classificati in due categorie:
1. quelli sulla “sicurezza alimentare” (tra i quali rientrano anche i reati previsti e puniti dalla Legge 283/62), nei quali sia contestata l’associazione a delinquere (reato che non viene mai contestato con riferimento alla legge 283/62, trattandosi di violazioni commesse dalle singole persone denunciate);
2. quelli sulla “agropirateria” (italian sounding).
Nell’ambito della prima sotto-categoria, vengono in considerazione, innanzitutto e per esempio, i due maxi-processi sulla “carne infetta”.
Tra il mese di marzo del 2001 e il mese di gennaio del 2003 , i NAS dei Carabinieri, anche su delega del Ministero della Salute, condussero una vasta indagine, denominata Operazione Meat Guarantor (“Il garante della carne”) , nota all’opinione pubblica non soltanto attraverso la stampa quotidiana ma anche attraverso la letteratura .
L’indagine venne divisa in due tronconi, di competenza – rispettivamente – delle Procure di Nola (NA) e Nocera Inferiore (SA) , sfociando poi in due distinti processi a carico complessivamente di 117 imputati (73 a Nola e 44 a Nocera Inferiore), tra allevatori, macellai e medici veterinari pubblici, molti dei quali settentrionali .
Pur non essendo questa la sede per illustrare dettagliatamente o anche solo riassumere i numerosi capi d’imputazione, ci limitiamo a elencare i reati contestati agli imputati: articoli 416, commi 1°, 2° e 5°, associazione a delinquere finalizzata a commettere i reati di cui agli articoli 314, 323, 326, 328, 334, 348, 349, 378, 440, 444, 476, 479, 482, 483, 484, 485, 500, 515, 516, 648 e 648 bis, c.p.
Ciascuno dei reati testé elencati, può essere considerato un reato contro i consumatori e, nelle fattispecie, tutti questi reati sono stati considerati tali dai Tribunali di Nola e Nocera Inferiore, a seguito della costituzione di parte civile di un’associazione di consumatori.
Se per alcuni di questi reati l’inquadramento come reati contro i consumatori appare facilmente comprensibile o quantomeno intuibile (ci riferiamo, evidentemente, agli articoli 440 , 444, 500, 515 e 516 c.p.), per altri reati l’inquadramento può apparire sorprendente o, addirittura, eccentrico.
Pensiamo, ad esempio, al reato di “Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici” (art. 479 c.p.), contestato a molti imputati nei due processi citati, i quali, nella loro veste di veterinari dipendenti di Aziende Sanitarie Locali (dunque pubblici ufficiali), nell’esercizio delle loro funzioni ispettive avevano falsificato (questa era l’accusa) la documentazione accompagnatoria dei bovini nella parte relativa alle attestazioni sanitarie, attestando, in pratica, che capi di bestiame destinati alla macellazione (dunque al consumo umano) erano sani, quando, in realtà, erano malati.
Trattasi – certo – di reato contro la fede pubblica, ma quest’ultima non è un concetto astratto, una sorta di Moloch da intendersi esclusivamente come sinonimo di Stato.
Quel reato, commesso da quei soggetti attivi e con quelle modalità, certamente si concretizza in un tradimento rispetto al datore di lavoro, ma quest’ultimo non è il principale soggetto danneggiato, perché il danno, alla salute e commerciale, colpisce proprio e principalmente i consumatori (di carne bovina).
In definitiva, quello è un reato contro i consumatori.
Naturalmente, questi due processi sulla carne infetta non sono stati gli unici processi penali relativi ad associazioni a delinquere finalizzate a commettere reati in danno della sicurezza alimentare e, in definitiva, in danno dei consumatori.
Tra gli altri processi, citiamo, ad esempio, quello del burro adulterato (Tribunale di Nocera Inferiore), quello dell’olio d’oliva adulterato (perché venduto come extravergine ma, in realtà, ottenuto con oli di semi: Tribunale di Vallo della Lucania) e quello dell’importazione dalla Spagna di suini malati destinati alla macellazione per il consumo umano (Tribunale di Santa Maria Capua Vetere).
Un caso assimilabile a quelli appena citati, benché non sia stata contestata ai numerosi imputati (29) l’associazione a delinquere ma soltanto il commercio di sostanze alimentari nocive (art. 444 c.p.), peraltro in forma concorrente (art. 110 c.p.), è il processo dei “cozzicari”: pescatori e pescivendoli, i quali, rispettivamente, pescavano (nelle inquinate acque marine antistanti il porto di Torre Annunziata) e “detenevano per il commercio ovvero distribuivano per il consumo sostanze destinate all’alimentazione, nelle specie mitili di vario genere (ostriche, casolare, vongole, tartufi ed in particolare cozze)” non stabulati, cioè non depurati “e così pericolosi per la salute pubblica”.
Il Tribunale di Nola, G.M. Dott.ssa Bilosi,con la sentenza 13 dicembre 2005, n. 1775, confermata da Corte d’Appello di Napoli, Sezione VII, 7 aprile 2008, n. 2853, ha affrontato il caso di cinque tedeschi, tra componenti del consiglio di amministrazione di una società e dirigenti della stessa, che avevano venduto a un caseificio di San Giuseppe Vesuviano (NA) una partita di latte contenente dosi eccessive di furosina, tali da determinare un effetto di “stracchinamento”: in pratica, il fiordilatte prodotto da quel caseificio con quel latte, una volta venduto a varie pizzerie si trasformava in granuli di ricotta non commestibili.
Questo caso di commercio di latte non genuino come genuino (articolo 516 c.p.), merita una citazione a parte, non soltanto perché agli imputati era stata contestata anche la truffa (tedeschi che truffano napoletani, in barba ai luoghi comuni), ma perché l’associazione di consumatori X era intervenuta ad adiuvandum rispetto ai querelanti (i titolari del caseificio), previo consenso scritto di quelle parti civili nel quale si dichiarava, come poi è stato confermato dalle emergenze dibattimentali, che i consumatori (clienti delle pizzerie, a loro volta clienti del caseificio) erano stati danneggiati dalle condotte degli imputati, quantomeno limitatamente all’art. 516 c.p.
Per quanto riguarda, invece, l’agropirateria, il primo riferimento normativo è il Regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio dell’Unione Europea, emanato il 20 marzo del 2006 e pubblicato sulla GUCE del 31 marzo 2006, “relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari” (IGP e DOP), il cui articolo 13 specifica le finalità di tutela dei prodotti agricoli e alimentari (sui quali si veda anche il contestuale Regolamento n. 509).
Il commercio di aliud pro alio, punito in forma generale dagli artt. 515, 517 e 517 bis c.p., nel settore alimentare è punito in forma specifica dall’art. 517 quater c.p., introdotto dalla Legge 23 luglio 2009, n. 99, art. 15, comma 1, lett. e), proprio per proteggere quei prodotti alimentari – molto numerosi in Italia – garantiti ai consumatori con IGP (indicazioni geografiche protette) e DOP (denominazioni d’origine protette).
La casistica in materia è piuttosto significativa, soprattutto nella fase di transizione dalla tutela generale a quella specifica.
Ad esempio, possiamo citare il caso del “Provolone del Monaco”, un formaggio tipico della Penisola sorrentina, che gode del riconoscimento di denominazione di origine protetta (DOP), giusto Decreto di Protezione Transitoria dell’11/7/2005 e con marchio registrato all’Ufficio Italiano Brevetti.
Il 27 giugno del 2008, dunque prima dell’entrata in vigore dell’art. 517 quater c.p., in un supermercato di Napoli personale del Corpo Forestale dello Stato sequestrò un certo quantitativo di provolone “generico” venduto come Provolone del Monaco, denunciando un commerciante.
Nel successivo processo, il Tribunale di Napoli, Prima Sezione Penale, G.M. dottor Lomonte, dopo aver ammesso la costituzione di parte civile dell’associazione di consumatori Y, così sentenziò: “L’ipotesi criminosa in contestazione si caratterizza per essere un reato di pericolo ad incertam personam che si consuma allorché vengano messi in circolazione prodotti che traggano in inganno il consumatore. L’interesse tutelato, secondo il costante insegnamento della Corte di Cassazione, è sia l’ordine economico che la lealtà dei rapporti commerciali (cfr. Cass. 7 agosto 1996, Pagano, e ss. conformi)” (sentenza 10 maggio 2011, n. 6936, depositata il 31 maggio).
I reati contestati erano gli articoli 517 e 517 bis c.p.; se il sequestro fosse stato effettuato dopo l’entrata in vigore dell’art. 517 quater, sarebbe stato contestato proprio questo reato, che – invece – è contestato nell’indagine relativa al sequestro nel porto di Salerno di 385 tonnellate di falso pomodoro San Marzano.

a cura dell’ avv. Agostino La Rana

Aspetti tecnici e legislativi delle frodi alimentari

La frode è intesa come condotta illecita dettata da intenzione dolosa e tale da creare danno ad altri. Nel settore alimentare sono considerate condotte illecite quelle che ledono i diritti legali e commerciali (contrattuali/patrimoniali) del consumatore.
Il reato di frode è stato inserito nel D.Lgs 231/2001, insieme ad altri reati di natura industriale, tra i presupposti atti a determinare la concorrente responsabilità amministrativa dipendente dal reato, della persona giuridica cioè della società/azienda che accoglie l’agente del reato stesso.
Quando si parla di frodi alimentari si fa riferimento alla produzione, trasformazione, distribuzione e quindi al commercio di alimenti non conformi alla normativa vigente. Le frodi alimentari si dividono in due tipologie:
FRODI SANITARIE che consistono nel ledere i diritti legali del consumatore e quindi nel rendere nocive le sostanze alimentari, attentando e ledendo la salute del consumatore (art.32 Costituzione – Tutela della salute pubblica): Possono essere commesse da ”chiunque detiene per il commercio o pone in commercio o distribuisce per il consumo,acque,sostanze o cose da altri avvelenate,adulterate o contraffatte in modo pericoloso per la salute pubblica”.
FRODI COMMERCIALI che ledono i diritti contrattuali e patrimoniali del consumatore (C.P.Tutela della buona fede del consumatore – lealtà degli scambi commerciali). Si tratta di reati compiuti da chi nell’esercizio del commercio ”consegna all’acquirente una cosa per un’altra o diversa da quella dichiarata o pattuita per origine, provenienza, qualità o quantità”. In tal modo non si rendono “nocive” le sostanze alimentari,ma si realizza un inganno ed illecito profitto a danno del consumatore ( es. vendita per tara merce = pesare la carta con la merce).
L’approccio al sistema sanzionatorio delle frodi alimentari penalmente rilevanti si lega alla riconducibilità delle trasgressioni a tre diversi livelli:
Il primo livello (Reati di pericolo concreto = nocività’) riguarda la disciplina prevista dagli articoli 439, 440, 442, 444, 452, 514, 515, 516, 517,del Codice penale.
Il secondo (Reati di pericolo potenziale=PERICOLOSITA’) riguarda la Legge n° 283/1962 inerente la disciplina igienico-sanitaria della produzione e della vendita delle sostanze alimentari;
Il terzo riguardale normative specifiche di settore che disciplinano la composizione (in natura o nel disciplinare) e le modalità di conservazione dei prodotti alimentari.
CODICE PENALE
Reati di pericolo concreto (nocività)
Art. 439: avvelenamento di acque o di sostanze alimentari
Art.440: adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari
Art.441: adulterazione e contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute Art.442: commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate
Art.444: commercio di sostanze alimentari nocive
Art.452: delitti colposi contro la salute pubblica
Reati di pericolo concreto (inganno ed illecito profitto)
Art.514: frodi contro le industrie nazionali
Art.515: frode nell’esercizio del commercio
Art.516: vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine
Art.517: vendita di prodotti industriali con segni mendaci
Art.517 bis: circostanza aggravante
Il Codice penale riguarda i reati di pericolo concreto (nocività) commessi mediante frode sanitaria o commerciale (inganno e illecito profitto) ed infatti punisce le condotte illecite di adulterazione, contraffazione e sofisticazione di sostanze alimentari atte a produrre danni alla collettività (erga omnes).
Le disposizioni della LEGGE 283/62 (art.5) sanzionano invece le violazioni (reati di pericolo potenziale = pericolosità) quindi le condotte illecite di alterazione delle sostanze alimentari concernenti la genuinità (= sostanza alimentare che contiene con la max. esattezza le sostanze o
i loro quantitativi previsti da natura o disciplinare, e che non contiene additivi vietati) l’integrità (stabilità della composizione biologica-chimica-fisica) e la purezza (sostanza adatta al consumo umano dal punto di vista commerciale, merceologico, legislativo ed igienico-sanitario) dei prodotti alimentari. Detta legge assoggetta a vigilanza e controllo per la tutela della salute,la produzione ed il commercio delle sostanze destinate all’alimentazione umana(art.1,3,4-UPG); inoltre prevede,tra l’altro, l’autorizzazione sanitaria (art.2 – oggi trasformata in DIA/SCIA per la registrazione /riconoscimento); prevede l’etichettatura dei prodotti alimentari (art.8); prende in considerazione le pubblicità improprie ed ingannevoli (art.13).
Legge 283/62 art. 5
E’ vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere o detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari:
a) private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne (variate) la composizione naturale (o da disciplinare), salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali;
b) in cattivo stato di conservazione;
c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali (O.M. II.XI78-Reg.CE2073/05)
d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione;
e) abrogato
f) abrogato
g) con aggiunta di additivi chimici (D.M.209/92) di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministro per la sanità o nel caso che siano stati autorizzati, senza l’osservanza delle norme prescritte per il loro impiego. I decreti di autorizzazione sono soggetti a revisione annuale;
h) che contengono residui di prodotti (fitosanitari) usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l’uomo. Il Ministro per la sanità, con propria ordinanza, stabilisce per ciascun prodotto autorizzato all’impiego per tali scopi, i limiti di tolleranza (LMR) e l’intervallo per tali scopi, i limiti di tolleranza e l’intervallo minimo che deve intercorrere tra un trattamento ed il successivo (persistenza), tra l’ultimo trattamento e la raccolta (carenza) e per le sostanze alimentari immagazzinate, tra l’ultimo trattamento e l’immissione al consumo (tempo di persistenza; tempo di carenza; tempo di rientro (nel campo trattato); DL50 (= dose di veleno che uccide il 50% degli animali trattati).
Nel 1999 con il D.Lgs n°507 del 30 dicembre ‘99 viene introdotto nel quadro normativo nazionale la “Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio” che porta il
legislatore a trasformare, in varie norme vigenti, le sanzioni penali in sanzioni di natura amministrativa. Tuttavia non sono depenalizzati i reati previsti dagli articoli 5, 6, 12 della Legge 283/62. Lo stesso Decreto, all’art. 5 introduce nel Codice Penale l’art. 517 bis che prevede la “circostanza aggravante” per le violazioni che interessano le produzioni alimentari protette da marchi europei. Le pene stabilite dagli articoli 515, 516, 517 C.P. sono aumentate (aggravate!) se i fatti da essi previsti hanno ad oggetto alimenti e bevande protetti da marchi europei (DOP-IGP- STG). In tali casi il Giudice di I° grado,nel pronunciare la condanna, se il fatto è di particolare gravità da cui sia derivato danno per la salute pubblica o in caso di recidiva specifica, dispone la revoca del provvedimento che autorizza l’attività commerciale cui segue chiusura definitiva; in casi meno gravi dispone la sospensione del provvedimento con chiusura temporanea da cinque giorni a tre mesi.
In tale contesto vanno ricordati inoltre altri articoli del codice penale come l’art. 473 C.P. (Contraffazione e Alterazione dei marchi europei), art.474 C.P. (Introduzione e Commercio negli Stati UE di prodotti con marchi contraffatti o alterati), art. 474 bis C.P. (Confisca di tali prodotti), art.474terC.P. (Circostanza aggravante: per dettagliata organizzazione delle azioni delittuose), art.474 quater C.P. (Circostanza attenuante: per dimostrazione di collaborazione).
La Legge 99/2009 a sua volta ha introdotto nel Codice Penale gli artt.517 ter (Fabbricazione e Introduzione/Commercio di prodotti DOP-IGP-STG con marchi EU usurpati -per profitto), 517 quater (Contraffazione-imitazione perfetta e Alterazione – imitazione imperfetta – di prodotti contrassegnati da marchi europei -per profitto), 517 quinquies (circostanza attenuante per dimostrata collaborazione), riguardanti altre fattispecie penali inerenti tali produzioni.
Il D.Lgs 297/2004 aveva già previsto disposizioni sanzionatorie amministrative riguardo a violazioni che interessavano le produzioni protette da marchi europei, senza tralasciare di prevedere la “riserva penale” per le varie fattispecie considerate nel Decreto stesso. Per cui con la promulgazione della Legge 99/2009 viene a configurarsi un “concorso di norme” tra le due disposizioni legislative. Le due norme realizzano un concorso formale in quanto tutelano diverse oggettività giuridiche(la legge 99/2009 tutela la buona fede del consumatore; il D.Lgs 297/2004 tutela la salute del consumatore) e quindi sono entrambe applicabili, per cui utilizzando l’art 24 della Legge 689/81 ne deriva la competenza a conoscere del Giudice unico di 1° grado per entrambe le violazioni. Per la violazione amministrativa il Giudice può delegare a procedere l’Organo che l’ha accertata.
Di recente il Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, sicurezza alimentare e nutrizione ha presentato una bozza del Codice della sicurezza alimentare già sottoposto alla visione della Commissione Interregionale per il parere,in attesa di discussione al tavolo della Conferenza Stato-Regioni, che prevede la depenalizzazione dei reati alimentari con la sparizione dell’azione penale (Capo VI). Ciò ha suscitato notevoli proteste da parte di tutte le Associazioni di categoria ed in specie dei consumatori, con blocco dei lavori sul Codice.
Va inoltre ricordato che il Ministero della Salute, periodicamente pubblica, giusto art.8 della Legge 462/86 (metanolo!!), un DECRETO Min. Salute contenente l’elenco delle ditte commerciali e dei produttori del settore alimentare che hanno riportato condanne con sentenza passata in giudicato.
A proposito poi dell’art. 452 del C.P. (Delitti colposi contro la salute pubblica) viene precisato che quando i fatti previsti dagli art. 440, 442, 444 sono commessi per COLPA (lieve-media-grave per imprudenza, imperizia, negligenza) e non per dolo, le pene stabilite dagli articoli citati sono ridotte da un terzo ad un sesto.
Il D.Lgs 109/92 (ETICHETTATURA prodotti alimentari), nella fattispecie di etichettatura irregolare o assente=mancanza (sentenza Cassazione n°27704/2010) realizza concorso di norme con l’art.515
del C.P. Si tratta, infatti, di concorso formale in quanto le due norme tutelano diverse oggettività giuridiche (il D.Lgs 109/92 tutela la salute pubblica mentre l’art 515 del CP tutela la buona fede del consumatore) e pertanto le norme sono entrambe applicabili (art.24 Legge 689/81).
Per le frodi alimentari su trattate va presa in considerazione anche la FORMA TENTATA DEL DELITTO che consiste nel compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco a porre in essere la fattispecie di reato senza che,tuttavia, si verifichi il pericolo per la salute.
FATTISPECIE DI FRODI ALIMENTARI
Adulterazione (Codice Penale art. 440,442) Azione fraudolenta consistente in
“modificazione“non dichiarata (in etichetta), dei componenti del prodotto alimentare. Il prodotto viene privato di componente utile per la sua efficacia nutritiva e/o si aggiunge sostanza di scarso valore per aumentare il peso /volume. Modificazioni nella composizione analitica del prodotto alimentare per aggiunta o sottrazione di componenti senza che il prodotto venga modificato in maniera apprezzabile (latte scremato X intero—latte, vino annacquati).
Contraffazione (Codice Penale art. 440.442) Azione fraudolenta a “imitazione perfetta” per
far apparire un prodotto alimentare dotato di caratteristiche diverse da quelle che realmente possiede. Il prodotto viene presentato e dichiarato con caratteristiche di un prodotto più pregiato. Totale “sostituzione” di una sostanza alimentare con un’altra di minor pregio,ingannando il consumatore. Frode molto pericolosa quando per sostituire i componenti originali/naturali si utilizzano sostanze nocive.(olio di semi (di colza =ac.erucico!!) X olio d’oliva—margarina X burro).
Sofisticazione (Codice Penale art.515/art.5 L. 283/62) Azione fraudolenta consistente nel
sostituire alcuni costituenti del prodotto alimentare con altri di minor pregio. Il prodotto viene trattato in modo da renderlo più attraente o simile ad altri prodotti più pregiati e quindi più costosi. “Aggiunta” all’alimento di sostanze estranee alla sua composizione X migliorare aspetto— X mascherare difetti vari e di procedimenti produttivi—X ravvivare il colore (nitriti nitrati) –X mascherare uso di materie prime di cattiva qualità. Impiego di coloranti e conservanti non autorizzati o se autorizzati quando sono aggiunti in quantità superiore al limite di legge o fuori dalle procedure di legge(vino:solfiti)(alcool etilico sostituito con alcool metilico=metanolo!!!)
Alterazione (Legge.283/62 art. 5) Azione fraudolenta consistente nella “variazione” delle caratteristiche di composizione ed organolettiche e quindi nutrizionali di un prodotto alimentare, dovuta a fenomeni degenerativi spontanei o inadeguata/errata modalità di conservazione.(eccessivo prolungamento dei tempi di conservazione: scadenza –t.m.c.).
Nei prodotti alimentari, sia naturali che composti-preparati secondo un dato disciplinare, sono presenti vari costituenti in determinate proporzioni che vanno mantenuti costanti salvo modificazioni previste per legge (solfiti!!). I coadiuvanti tecnologici, ad es., usati nelle lavorazioni per coadiuvare il processo produttivo, non debbono assolutamente residuare all’interno del prodotto alimentare. (Es. assenza di esano – gas utilizzato per l’estrazione – nell’olio di sansa di olivo).
FATTISPECIE DI FRODI ALIMENTARI:
 false dichiarazioni in merito alla provenienza,alla qualità, alla composizione, ed alle caratteristiche di un prodotto alimentare;
 indicazioni ingannevoli ed insidiose atte a magnificare indebitamente un prodotto alimentare e le sue caratteristiche;
 mancata corrispondenza degli ingredienti dichiarati in etichetta(realizzata attraverso l’assenza o minor contenuto);
 mancata dichiarazione degli ingredienti vietati o di minor valore (olio d’oliva in luogo di olio extra vergine di oliva;
 manipolazioni della data di scadenza o del termine minimo di conservazione;
* Già Direttore SIAN ASL Taranto

a cura dell’ avv. Fedele e della Dott.ssa Mazzola

Le frodi negli alimenti di origine animale

Rapporto agromafie 2015

Una filiera che corre “dal produttore al consumatore”, per un giro di affari che nel 2014 ha raggiunto 15,4 miliardi di euro. È questo secondo il Rapporto Agromafie 2015 il volume del crimine agroalimentare in Italia. Lo studio presentato il 15 gennaio a Roma dai presidenti di Coldiretti, Roberto Moncalvo, di Eurispes, Gian Maria Fara, e dall’ex procuratore di Torino Gian Carlo Caselli, che oggi presiede l’Osservatorio sulla criminalità agroalimentare creato dai due enti, denuncia un aumento degli affari delle agromafie in Italia del 10 per cento solo nell’ultimo anno. Un dato che dimostra quanto l’agroalimentare sia diventato un settore di investimento privilegiato per la malavita e quanto questa economia sporca riesca a crescere nonostante la recessione economica.
Il rapporto ricorrendo ai dati raccolti da forze dell’ordine, magistratura e altre istituzioni di settore, traccia i contorni di una criminalità che giganteggia sull’intera filiera agroalimentare accaparrandosi terreni, gestendo manodopera agricola, occupandosi di produzione, trasporto e stoccaggio della merce. Fino all’acquisto di supermercati e ristoranti, dal nord al sud d’Italia, e pure fuori dai confini nazionali. Proprio la ristorazione si mostra come uno dei settori maggiormente a rischio, tanto da far contare circa cinquemila locali nelle mani della criminalità organizzata, dai franchising ai locali esclusivi, dai bar alle trattorie, ai ristoranti di lusso fino agli aperibar alla moda. Attività “pulite” che si affiancano a quelle “sporche”, avvalendosi degli introiti delle seconde.

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La crescita dell’agromafia, secondo lo studio, è favorita da situazioni congiunturali, come quelli climatici e di crisi economica, ma anche dalla volontà di alcuni soggetti “puliti” che decidono di investire il loro denaro in settori redditizi come l’illecito del settore agroalimentare, che ha dimostrato di saper crescere anche in un periodo di recessione. Il fenomeno prende il nome di money dirtying e consiste nell’investimento di capitali puliti nell’economia sporca, ovvero l’inverso del riciclaggio. Un travaso che ogni mese sposta dall’economia sana a quella illegale circa 120 milioni di euro, un miliardo e mezzo all’anno, ma che ha anche effetti di ibridazione tra mondo legale e illegale che vanno ben al di là della semplice sfera economica, mettendo in stretto contatto “colletti bianchi”, imprenditori, esponenti delle istituzioni e personaggi “borderline” quando non direttamente esponenti del mondo criminale.
Secondo Coldiretti/Eurispes anche il prossimo appuntamento di Expo 2015 potrebbe rappresentare un momento di pericolo per il settore agroalimentare. Perché potrebbe favorire i traffici illegali di alimenti e riversare sul mercato tonnellate di prodotti contraffatti e venduti come made in Italy. Del resto questo tipo di contraffazione già esiste ed è stata rilevata nelle più recenti inchieste giudiziarie che hanno scoperto limoni sudamericani commercializzati come limoni della penisola sorrentina; agrumi nordafricani trasformati in agrumi siciliani e calabresi; mozzarella venduta come made in Italy e prodotta con cagliate del Nord Europa. Per non parlare delle sofisticazioni e frodi legate alla produzione e commercio di olio di oliva e pomodoro, che rappresentano i due prodotti più a rischio. Sono spesso le annate magre, come questa del 2015, che aprono la porta a prodotti di minore qualità o direttamente illegali. Secondo Coldiretti il mercato europeo dell’olio di oliva, con consumi stimati attorno a 1,85 milioni di tonnellate, rischia quest’anno di essere invaso dalle produzioni provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente che non sempre hanno gli stessi requisiti qualitativi e di sicurezza.
In chiusura il rapporto dedica alcune pagine anche agli acquisti sul web e al fatto che, accanto alle esperienze positive, l’e-commerce venga spesso utilizzato come porto franco per prodotti taroccati. L’incremento degli acquisti sulla rete, nel nostro Paese, è stato del 17% rispetto all’anno precedente, per un volume economico pari a 13,2 miliardi di euro, e in questo contesto il settore agroalimentare si è collocato al secondo posto della classifica, con una quota del 12%. Il punto è che sono stati individuati, solo nell’ultimo anno, 70 diverse tipologie di prodotti contraffatti che venivano venduti sul web. Tra gli alimenti per i quali sono state più spesso le frodi più frequenti figurano i prodotti tipici della tradizione locale e regionale (32%), i prodotti Dop e Igp (16%) ed i semilavorati (insaccati, sughi, conserve, ecc.,12%). Mentre tra le categorie contraffatte il primato negativo spetta ai formaggi Dop. Per non parlare poi dei kit che vengono venduti per preparare il Parmigiano, o il vino in polvere che viene confezionato in Canada e che promette di ricreare in poche settimane un perfetto Barolo.

a cura dell’ avv. Fedele e della Dott.ssa Mazzola